Chi mi ha toccato?

Chi mi ha toccato?
Quando si agitava il mio cuore e nell’intimo mi tormentavo, io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia. Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio
Meditavo questi versetti del salmo 72 e, come un grand’angolo, il mio pensiero si allargava su alcune vicende che possono verificarsi nel cammino, vicende nelle quali sembra di stare come su una barca in un mare procelloso, in balìa di un vento che soffia contrario alla rotta, nelle quali, come relitti in mezzo ai marosi, si sperimenta un senso di precarietà fluttuante. Situazioni particolari che possono sballottare la navicella della nostra vita disancorandola dal porto sicuro e allontanandola dalla terra ferma…. In quei momenti, come dice il salmo, il nostro cuore si agita, il nostro intimo si tormenta, non capiamo. Sono momenti delicati, temibili, faticosi, difficili nei quali si può anche esitare a lungo fin tanto che non decidiamo di arginare i ragionamenti, fermare le affannate giustificazioni, addomesticare gli implacabili perchè , fin tanto che non ci tuffiamo nella memoria fiduciosa del cuore, non ripercorriamo i passi della nostra avventura alla ricerca di Dio, non ravviviamo lo slancio interiore per comprendere l’amore inesauribile di Gesù per noi e la fiducia di saperLo al nostro fianco giorno e notte, fin tanto che non entriamo nel santuario di Dio : il nostro cuore, dove Lui dimora e sempre ci attende e lì ci intratteniamo “in un rapporto intimo di amicizia da solo a sola con Colui da cui sappiamo di essere amate” ( Teresa D’Avila Vita, 8, 5).
Così, in questa sosta nel cuore, in questo “tornare a casa”, in questo stare con lui, impariamo gradualmente a gettare nel Padre ogni preoccupazione, a svuotare il cuore donandogli persone e cose per essere libero, a far tacere tutto il resto. Accade allora di riconoscersi nella donna emorroissa descritta nel vangelo (Cfr. Mc.5.28-34) che da 12 anni soffriva di perdite di sangue e, vedendo Gesù, agitata e intimorita, in cuor suo, decide di toccare anche solo il lembo del suo mantello credendo di essere guarita. Accade, cioè, di riconoscersi deboli, forse anche sanguinanti, ma di cercare il contatto con Lui, credere di non essere capaci di fare altro se non sfiorare il lembo della sua Presenza in noi, insistere tra la folla delle preoccuozioni del cuore e puntare al Maestro sapendo che da Lui uscirà la forza per essere nuove.
Accade di entrare nella camera del cuore, chiudere la porta a ciò che può deturpare l’incontro intimo con Lui, nel segreto, instaurare un colloquio intenso, profondo, fiducioso, amante, ininterrotto. Un colloquio che promuove e sostanzia la pazienza come forza coestensiva ad una fede che matura nel tempo, che guarda al di là, che accoglie e vive fiduciosa l’incompiutezza di se stessi, degli eventi , delle relazioni con gli altri, della stessa vita chiamata a dipanarsi come realizzazione di un progetto divino di salvezza.
Accade di sentire il bisogno impellente di dimorare nella Parola, di porla come lampada per i propri passi, come luce per il cammino, come fuoco ardente che purifica il cuore aprendolo alla docilità , all’obbedienza.
Accade di sperimentare il desiderio di abbandonarsi alla lode silenziosa del cuore che, stando in adorazione, lascia pregare in se lo Spirito con quei gemiti inesprimibili che portano al cuore del Padre ciò che noi non siamo neppure in grado di domandare.
Accade di esultare interiormente quando, spinte dalla forza della Parola, crediamo che Gesù è sempre sulla barca con noi anche quando semba che dorma, che prima ancora che glielo chiediamo è Lui stesso a domandarci se vogliamo riacquistare la vista, che nel trambusto della folla dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, dei nostri successi o fallimenti, Lui sa riconoscere il tocco flebile della nostra mano e, con la forza del suo amore che rinnova e risana, senza esitazione esclama: Chi mi ha toccato?

“Come terra che si apre accogli. Nel silenzio ricorda e ricordando lascia che entri fino a sentirlo vivo. Da questa radice lascia che spunti il tuo germoglio. E come pianta che si spoglia prova a donare il tuo frutto.” S Agostino

1 Comment
  • letizia
    Pubblicato alle 19:32h, 13 Ottobre Rispondi

    parole che confortano il mio cuore e la mia navicella sbattuta tra le onde di un mare ancora intempesta…pregate per me anime sante del Carmelo..

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