Maria Giuseppe Gesù

Oggi celebriamo il giorno in cui Maria e Giuseppe presentarono Gesù al tempio.

“Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.”

SpringLeggendo e ascoltando la Parola proposta nella Celebrazione eucaristica, scorgiamo una evidente distanza tra quanto dice la prima lettura tratta dal profeta Malachia e il brano evangelico. Per Malachia la venuta del Signore si sarebbe realizzata con l’arrivo di un messaggero in grado, con la sua forza, di rendere l’offerta e i sacrifici graditi a Dio. Un evento cioè imponente, maestoso, colmo di gloria e potenza.

“Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. 
Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. 
Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.”

Il vangelo, invece, ci dice che al tempio arriva un neonato di appena quaranta giorni, condotto da una coppia di anonimi, che nessuno tra la folla dei presenti gli da importanza, e che si accorgono di questo ingresso solo due vecchi.

“Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. …
 […] C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Sanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.”

Come coniugare la potenza del Signore degli eserciti con l’inermità di un neonato?

 Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.
Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.”

Il nostro Dio ha scelto la via dell’Incarnazione, del farsi simile a noi in tutto fuorchè il peccato per dimostrarci che la sua potenza è essenzialmente Misericordia, è Essere cuore di Madre in grado di venire in aiuto alla nostra debolezza, è farsi piccolo come noi, è attraversare le nostre limitatezze, è prendere su di sé la nostra umanità ferita, è comprendere i nostri bisogni e le fatiche di ogni prova, è farsi tutto a tutti.

Simeone ed Anna, incontrano Dio in quel bambino, lo riconoscono perché già lo conoscono nell’intimità del loro cuore, nella profondità della loro attesa certa e fanno della loro lode una evangelizzazione.

Le porte antiche del loro cuore possono finalmente alzarsi e far entrare il re della gloria perché hanno vissuto l’intera esistenza nella certezza nutrita di attesa vigilante della fedeltà di Dio.

Comprendere così l’onnipotenza di Dio, ci permette anche di auspicare per la fisionomia di ognuno di noi cristiani i tratti di Simeone ed Anna:

persone con il cuore dalle porte aperte, un cuore che cerca Cristo, che lo aspetta, che sa che Lui mantiene la promessa, che viene senza accenti trionfali, che passa nella vita in modo ordinario, che non si impone mai alla sua libertà, che c’è anche quando sembra che lo abbandoni, un uomo che sa che DIO ha scelto il suo cuore come tempio in cui abitare.

VIENI SIGNORE NEL TUO TEMPIO!

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