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Povere e amanti dei fratelli

Povere e amanti dei fratelli….
Il cammino monastico è sostanzialmente cammino evangelico. Da dove cominciare? Un aneddoto può aiutarci a pensare:
“San Simeone di Tessalonica, detto il Nuovo Teologo dedicandosi alla vita spirituale, ebbe una visione di luce: vide la sua stanza tutta illuminata. Non vi dette peso. In seguito, ebbe una nuova visione di luce e gli comparve Cristo. Ma anche in questo caso fu preso dai dubbi. Infine, ebbe un forte sentimento della propria piccolezza e nello stesso tempo si accorse di amare profondamente tutti come fratelli, anche quanti lo perseguitavano e dicevano male di lui, senza sua colpa. Lo esprime con poche parole: «Povero e amante dei fratelli, pt chòs philádelphos». Solo a quel punto, si convinse che davvero si trattava di Cristo e che l’amore divino aveva invaso il suo cuore. La via che ci conduce alla dimensione evangelica dell’amore, passa inevitabilmente dall’esperienza del nostro nulla: vedersi così come si è, ammettere e chiamare per nome le proprie miserie… riconoscere che lì dove si cerca sinceramente Dio, il nemico, che è per primo una relazione mancata, fa di tutto per intralciare il cammino verso Dio e verso il fratello. Allora la nostra giornata si sviluppa come respiro continuo dentro la crescente consapevolezza di essere immerse in un progetto d’amore che si attua nell’abisso della nostra povertà riconosciuta e consegnata. Il nostro impegno? Vivere il Vangelo da povere e amanti dei fratelli…. con i lineamenti impauriti di Pietro nel cortile del sommo sacerdote al canto del gallo, con i tratti avari di Zaccheo, con le sembianze avide di Levi, o le fattezze sfregiate della Maddalena… con la nostra condizione di peccato e il nostro bisogno continuo della grazia e della misericordia di Dio… tuttavia consapevoli di essere amate da Dio per primo e di essere chiamate da Lui per realizzare la sua opera, con queste ferite, con queste fragilità; non malgrado queste, ma attraverso queste… “Vedendo le mie imperfezioni non me ne stupisco più, perché so di essere la debolezza stessa” affermava la giovane Teresa di Lisieux. Così l’esperienza evangelica della carmelitana parte e si sviluppa, via via, come accoglienza attiva, e ogni volta più consapevole, del torrente di grazia che può rendere forte anche lo spirito più debole. Povere e amanti dei fratelli dietro Gesù sulla via della croce, cadendo una, due, cento volte. “Forti” nella nostra debolezza, coinvolte personalmente in una storia d’amore con Lui: «Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20), assorbite vitalmente nella dinamica vittoriosa del Crocifisso Risorto…. povere ma amanti dei fratelli.

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