Ascolto

Vivere di ascolto
Ci hai chiesto di parlarti un po’ della nostra vocazione monastica carmelitana … E oggi, eccoci ancora qua a condividere qualche brano della nostra vita; a fermare la tua attenzione su qualche passo di un cammino mai compiuto e che, ogni giorno, sviluppiamo; a farti intuire qualche frammento di quel progetto d’amore che vede la nostra esistenza coinvolta in una risposta sempre attuale, sempre rinnovata, sempre in cantiere. Più volte abbiamo raccontato come la nostra vita si evolva dentro la crescente consapevolezza del dono ricevuto e della fragilità che lo accoglie … Come direbbe san Paolo: «Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi». Tratteggiando i lineamenti della nostra chiamata, abbiamo evidenziato come essa maturi con la coscienza esperienziale di un coinvolgimento di tutta la nostra persona in un processo di purificazione, umanizzazione, unificazione. Abbiamo anche riflettuto sul quotidiano inteso-sempre in termini paolini- come una gara posta continuamente al vaglio dal discernimento e dalla lotta [«Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,1-2)]. Oggi, partendo proprio da questi spunti, vogliamo continuare a riflettere sulla sequela monastica vista come ascolto/ obsequium di una Presenza che precede e fonda la nostra stessa vita: «In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Atti 17,28). Sì, la nostra vita di carmelitane è un graduale ma sostanziale entrare nel regime di quell’Ascolto che incontra Dio e lo riconosce sempre antecedente rispetto ad ogni esperienza, ad ogni evento, ad ogni occasione… La nostra vocazione contemplativa è inabissarci nell’imperativo: Shemà Israel (cf Dt 6,3). Una vita centrata in Dio… Stare ai piedi di Cristo e ascoltare… diventare cuori oranti perché cuori in ascolto. (Cf 1 Re 3,9). Come un grembo fecondo, l’ascolto diventa la matrice di ogni angolo di vita: la nostra preghiera, la nostra relazione con Dio, la vita fraterna… tutto è inglobato da quell’udito interiore, tutto è raccolto da quell’orecchio pro-teso verso una Presenza. Da qui, per noi, il primato alla Parola sulle parole, la necessità di stare ferme su di essa, di interiorizzarla, di perseverare a lungo con il cuore fisso sul Verbo, di vigilare anche nella lotta per cercarlo e custodirlo in noi… Sant’Agostino afferma: “Audiamus… quasi praesentem Dominum” (Commento al Vangelo di san Giovanni XXX, 1); cioè: “Ascoltiamo, perché qui è presente il Signore”. E l’ascolto della Parola approda nell’obbedienza. Qui tutto entra in campo: sofferenze, speranze infrante, aridità spirituale, gioie e fatiche… ogni cosa fiduciosamente posta nell’alveo della volontà di Dio nel giocoforza di una libertà da liberare ogni giorno. Si intraprende la via dell’abbandono alla volontà del Padre, via nella quale non ci si perde, anzi si recupera una profonda identità e libertà interiore. Si comprende in forma vitale che ascoltare Dio ed obbedirgli non ha niente a che fare con costrizione dall’esterno e perdita di se stesse anzi l’incontro con la parola di Gesù secondo cui trova se stesso solo colui che si perde (cfr Mc 8, 34s;) aiuta a comprendere che senza l’abbandono, senza il perdersi non può esserci un ritrovamento di sé, un’autorealizzazione. Questo il cammino: cadere nelle mani di Dio! Solo in Lui perderci … solo in Lui trovare noi stesse.
Così prega sant’Ignazio di Loyola:
“Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me l’hai dato, a te, Signore, lo ridono; tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà; dammi soltanto il tuo amore e la tua grazia, e sono ricco abbastanza, né chiedo alcunché d’altro” .

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