Uno sguardo per amare

“Uno sguardo per amare”
Il dinamismo intrinseco di ogni vita cristiana seriamente e radicalmente vissuta, come vuole essere la nostra vita monastica, si esprime nella progressiva acquisizione di uno sguardo contemplativo che cerca, vede e ama Dio in tutte le cose. Così succede che, affondando i nostri passi, giorno dopo giorno, sulle orme di Gesù, impariamo a cogliere e assaporare proprio nelle più semplici scene del quotidiano, la sapidità e la luce di una Presenza che supera, trascende, oltrepassa smisuratamente la nostra comprensione e stabilisce fattivamente la vita nel mistero della Benevolenza di Dio. Sono passaggi abituali di parole, gesti, emozioni che nell’essenzialità del loro fluire, nella naturalezza del loro proporsi alla nostra esperienza, nella necessità del loro dispiegarsi dentro occupazioni e relazioni, definiscono i contorni di una chiamata altrimenti spiegabile se non dentro le sfumature di una divina attrazione e seduzione. ”Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso” (Ger 20,7). Le azioni routinarie del quotidiano sono vissute, via via, con uno sguardo sempre più puntato su un Oltre – “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; 2pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. 3Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!” (Col 3,1-3)- e le circostanze, solite o insolite, sono attraversate dalla tensione verso un Amore sempre atteso, sempre nuovo, sempre desiderato. “Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. L’amato mio somiglia a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate. Ora l’amato mio prende a dirmi: «Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico sta maturando i primi frutti e le viti in fiore spandono profumo. Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!” (Ct. 2,8-13). La nostra semplice storia diventa una storia d’amore con Dio e la vita, come anafora, (dal greco ἀναϕορά, da ἀναϕέρειν: “Offrire sollevando in alto l’offerta”) si spende unicamente nella custodia di un silenzio fecondo che conserva il mistero dell’amore di Dio e si eleva nel dono di sé. È un gioco di sguardi: quello di Dio che, amante e rigenerante, si inabissa nella nostra umanità e la rinnova perché per essa desidera bellezza e grazia (cf Sir 40,22) e il nostro, ogni giorno sempre meno duro, più disarmato, più purificato. Un incrocio di sguardi, anche quando i nostri occhi grondano lacrime « Le mie lacrime nell’otre tuo raccogli»(Sal 56, 9) per farci scendere in profondità, alla sorgente e lì poterlo intimamente incontrare. Una complicità di sguardi che abbraccia il nostro cammino di purificazione, di resa, di ripresa dopo la caduta….. Il Signore guarda l’umile (Sal 138, 6). Uno sguardo simbiotico: «Ti vedo, luce dei miei occhi» (Tb 11, 13) che cerca la luce e si riconosce guardato come “luce degli occhi di Dio. «Mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo»(Ct 4,9). Uno sguardo nuovo per vedere, ma soprattutto, per amare.

 

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