29 Nov Oggi
Una vita di totale dedizione a Dio.
Inizia l’avvento;
trovo il tempo per un breve dialogo con te che navighi nel web mentre cerchi uno spazio di incontro, di ascolto, di attesa.
Questo tempo liturgico forte che è l’avvento, spalanca il cuore all’attesa invitando a rimodulare su frequenze alte la nostra capacità di attenzione a vigilanza non solo in preparazione al Natale ma come stato interiore di attesa di qualcuno sappiamo venire continuamente.
Ma si avverte la fatica tenace e gioiosa di liberare tutta la luce e la bellezza seminate in noi.
Si percepisce meglio la nostra verità: una luce custodita in un vaso di fragile argilla.
Può essere allora che la fragilità che conosciamo sia l’occasione per fare un passo deciso verso il mondo che attendiamo e che siamo chiamati a costruire con le nostre mani, con la nostra intelligenza, con il nostro amore?
Forse che questo tempo di avvento sia l’occasione per comprendere quale è il nostro posto nella storia avviando processi di libertà, serenità, distacco…?
E se Il tempo critico che oggi la società ci chiede di vivere, in comunione con tutti i nostri fratelli e sorelle in umanità, fosse l’occasione per un salto di qualità evangelica della nostra vita?
Dal nostro piccolo borgo orante
ti raggiungiamo ancora una volta, allora, con l’esperienza semplice di figlie del Carmelo, per offrirti uno spunto di riflessione e una possibilità .
Ti facciamo anche questa volta un racconto sincero, impastato di già e di non ancora, una storia vissuta, fatta di volti concreti, anche noi donne in dialettico movimento sulle sabbie mobili della fragilità, anche noi discepole in cammino da Gerusalemme ad Emmaus; anche noi testimoni di segni e prodigi ma ugualmente marchiati dal buio e dalla ripresa….
Noi,
consapevoli di essere chiamate per vocazione a divenire segno che indica la presenza di Dio tra gli uomini con la nostra vita di preghiera, non da sole ma inserite nel “segno della comunità”, e con la missione specifica di vivere in totale dedizione a Dio, nella sequela di Cristo; e in una continua e sincera oblazione orante alla Chiesa..
Cominciamo ogni giorno, dall’adorazione mattutina vissuta nel silenzioso grembo di luce che è l’aurora, fino all’ultimo amen di Compieta quando si spegne ogni luce …- da notte a notte – e ci cimentiamo con tutte le nostre forze possibili ma soprattutto, certe dell’aiuto della Grazia, a vivere l’impegnativo ma gioioso cammino di centratura in Dio, con una preghiera verbale corale e nell’intimità della cella del cuore, quando svolgiamo da sole i nostri servizi, quando abitiamo il silenzio della cella nella preghiera personale, quando condividiamo serenamente la vita nei momenti ricreativi.
Diciamo che la giornata della monaca carmelitanasi sviluppa nella tridimensionalità dell’incontro con Dio e le sorelle a partire dalla fatica e fragilità personale, ma orientata solo alla consegna totale a Dio, sulle orme di Gesù e come cuore pulsante nella chiesa, consapevole che la sua credibilità poggia sulla testimonianza di un cammino di comunione frutto di consapevolezza e misericordia
Ti parlo di noi.
Non ti presento un modello di vita monastica del passato, ispirato all’uniformità personale e comunitaria né di una clausura vissuta come una sorta di “spazio di magica santità” al fine di “potenziare” la relazione con Dio.
Non ti parlo di questo perché non descriverebbe sinceramente il nostro stile comunitario.
Ti parlo invece , di una comunità
che si esercita in un continuo discernimento per comprendere quale sia la forza di segno profetico che oggi la monaca di clausura possiede in forza della mentalità del mondo che ha lasciato, della mentalità claustrale nella quale vive da religiosa, in forza soprattutto di una crescente consapevolezza di essere e voler essere segno di Dio per gli altri .
Ti parlo di donne
impegnate in un processo di corresponsabilità frutto di un cammino pedagogico ininterrotto, strutturato sulle norme poste a protezione e custodia della vita spirituale e del carisma della comunità ma che, continuamente masticate e interiorizzate, stanno a fondamento della coscienza di ciascuna che così cerca di farsi carico consapevolmente di se stessa, e del bene della comunità.
Ti parlo di un gruppo di sorelle
che cercano di fondare la loro esperienza di crescita nell’impegno di preghiera, di lavoro, di vita comune.
Ti parlo di una comunità
che vive le inquietudini e le sofferenze derivanti dall’epoca in cui sono inserite e da cui provengono.
Ti parlo di monache
che si impegnano nella vigilanza per non cedere al fascino di “eccessi profetici” che pretendono di contrapporre al modello claustrale pregresso una mentalità dell’”essere contro” , ma che si confrontano e si cimentano per generare con la vita una mentalità dell’“essere per”, che mantenga un sano equilibrio tra osservanza e profezia, con radici e ali… in modo definito e preciso .
Ti parlo di noi come di carmelitane
che con serenità e tanta serietà si interrogano e come Gesù si domandano: “Chi dice la gente che io sia?” per verificare i frutti di fede, speranza e carità che la propria vita personale e comunitaria genera a servizio di Dio e della Chiesa.
Ti parlo di monache
che alimentano in cuore e con dedizione la coscienza sempre vivificata dalla loro missione orante perché comprendono giorno dopo giorno che la motivazione a santificare il mondo tramite la preghiera e l’offerta quotidiana può generare frutti preziosi .ù
Ti parlo di sorelle
che scelgono con rigore di incarnare la Regola con una vita a servizio della Parola di Dio e della liturgia sull’altare quotidiano dell’Eucaristia e della preghiera, cercando di centrarsi sempre più in Gesù orante, e farsi grembo della sua presenza.
Ti parlo di una comunità
che è aperta alla comunione con fratelli e sorelle appartenenti ad altri stati di vita ma si poggia con sincera determinazione sui fondamenti della vita contemplativa e sulla sua missione, sul centro fontale del proprio stato di vita, che è la Parola di Dio e la preghiera.
Ti parlo di una comunità
che accoglie le provocazioni del mondo ma si ferma per interrogarsi e comprendere quale Gesù viene veramente additato da ciascuna e da tutte; di quale Gesù ci si vuole rendere SEGNO e quindi quale immagine di Gesù e di Dio si trasmette mediante la propria vita claustrale.
Ti parlo di noi
che portiamo come tutti il peso di una cultura mondanizzata ma che cerchiamo di vivere la nostra unione con Gesù e sentiamo la responsabilità della nostra testimonianza e coerenza di vita rispetto alle persone con cui viviamo e per cui preghiamo.
Ecco, ti ho detto qualcosa di noi….
un piccolo focus su uno stile di vita; un preludio al “ seguimi”; un assaggio esperibile nel “Vieni e vedi”;
Che altro?
Gesù passa e mette in moto le vite. Dove sta la sua forza?
Egli afferra alla radice il “morso dell’assenza” che attanaglia ogni cuore e ci attrae a sé.
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