
02 Mag Un passo appena
Con passo monastico….
Ci chiedi chi siamo … come viviamo… perché percorriamo insieme questa via…
Provo a risponderti con semplici riflessi di esperienza che spero aiutino il tuo cuore a
disporsi all’ascolto di Colui che solo può fare “della creta della nostra vita “ dei vasi
pregiati per custodire il vero Tesoro.
Siamo una comunità che, nel dinamismo di un diuturno procedere, si addentra in un
percorso di maturazione della propria identità, scegliendo di scendere ogni giorno
sempre più verso la verità di se stessa per porre fondamenta più stabili a quel
progetto di dilatazione del cuore capace di orizzonti di comunione a cui siamo
chiamate e che segna con unicità la fisionomia del nostro essere monache carmelitane
contemplative al Cerreto….Comunità dove i rapporti possibili a sostegno e forza di
questi scopi, si staglino ora su forzieri di gioia, entusiasmo, condivisione, ora su
margini di fragilità e debolezza, cauterizzando anche con lacrime di solitudine, la
libertà del cuore.
Un gioco forza che ci trova sole di fronte all’Unico, talvolta poggiate su frammenti
di comuni incertezze, altre volte coraggiosamente riconosciute dietro false credenze o
presunti giganti interiori…., in alcuni frangenti condizionate, vuote come cisterne
screpolate o incapaci, come il cieco, di arrivare alla piscina ed immergerci nell’acqua
che da pienezza al nostro cuore anche quando ci venisse tolto tutto, altre volte
pellegrine andanti nel lento procedere del Vultum Dei quaerere…
Siamo comunità… che nel suo intreccio di volti e nomi si sforza di condurre la
propria vita su orizzonti di senso, di riporre continuamente il baricentro sull’unico
riferimento stabile, di ricollocare quei limiti oltre i quali ogni parola o gesto sia
benedizione, sia uno stare inutili sotto la croce per “osservare” un amore sofferto e
offerto. Si, la nostra vocazione vissuta, ci trova un po’ fuori fase rispetto a ciò a cui
Cristo ci chiama perché mentre siamo attratte da Lui e mosse dallo Spirito,
muoviamo passi concreti nella dialettica di una umanità in fieri in un processo mai
compiuto di sequela.
«Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di
correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù.
Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo:
dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro
verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Tutti noi,
che siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate
diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo
arrivati, insieme procediamo» (Fil 3,12-16).
Il nostro obiettivo? Camminare oggi nella storia con passo monastico…. crescere in
un rapporto verginale con la realtà che permetta a Dio di agire come vuole, procedere
verso un’apertura del cuore e una fecondità che non è nostra, che non afferriamo
…una fecondità più grande della nostra:
«In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o
madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva
già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e
campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10,29-30).
Il nostro desiderio? Testimoniare con la marginalità di una vita senza riflettori e
senza richiami mediatici ma solo con la letizia della fraternità vissuta nella autenticità
della preghiera e delle relazioni, che la nostra fede si fonda sulla risurrezione di
Cristo, che per mezzo del Battesimo è diventata la nostra vita eterna.
La vision? Una consapevolezza sempre meglio acquisita, un cammino verso la
graduale integrazione della nostra fragilità in un vissuto consegnato, affidato …; un
quotidiano dove le “nostre spoliazioni… le nostre morti” sono opportunità per
testimoniare la fecondità di una vita libera e liberata… innestata in Cristo; una
permanenza, una stabilità ardente e feconda, perché tutta in comunione d’amore con
Gesù e con l’amore di Gesù per il mondo… mantenerci nella trasmissione di Gesù,
come Maria ai piedi della croce, una partecipazione di cuore in un assenso sempre più
libero per imparare a com-patire con Gesù …Una presenza, un “permanere” fecondo.
San Giovanni Crisostomo, in una delle sue Omelie sulla Prima Lettera ai Corinzi,
descrive molto chiaramente la posta in gioco della nostra stabilità e permanenza in
Cristo:
“Edifichiamo dunque su questo fondamento, rimanendo uniti ad esso come il tralcio
alla vite; nessun ostacolo si interponga tra noi e Cristo: se qualcosa ci separa da lui,
infatti, subito periamo. Il ramo riceve il proprio nutrimento dal tronco al quale è
unito, così come un edificio continua a sorreggersi finché rimane compatto; qualora
si divida internamente, invece, è destinato a crollare, rimanendo privato di qualsiasi
sostegno. Non accontentiamoci dunque d’una generica adesione a Cristo, ma
restiamo, per così dire, incollati a lui, giacché, nel momento in cui ce ne separiamo,
siamo condannati alla morte. Sta scritto: ‘In verità, coloro che si allontaneranno da
te, periranno’ (Sal 72,27)” (8,4).
L’impegno? Vivere la stabilità alla presenza di Dio sapendo che questa genera
un’umanità conformata alla Trinità, mossa dall’Amore trinitario laddove il rapporto
d’amore con il Padre e il Figlio mediante lo Spirito Santo definisce la coscienza di sé
e di Dio, di ciò che si fa e di ciò che si è.
La disponibilità? Essere quelle “operaie” che Dio ci chiede di essere secondo la
specifica chiamata alla vita integralmente contemplativa: non delle missionarie da
mandare nel mondo, ma delle sorelle che sanno accompagnare se stesse e gli altri
verso una stabilità e fermezza interiore, umile e misericordiosa, che permetta a quanti
raggiungiamo con la preghiera e con la testimonianza di fare un cammino, nonostante
la fragilità fluttuante di cui soffriamo tutti.
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