
06 Mar Un dinamismo trasformante
Un dinamismo trasformante. In questo piccolo passo in avanti che oggi facciamo nel cammino quaresimale, desideriamo condividere con te ancora qualcosa sul cuore della nostra vocazione monastica e contemplativa.
Da poco abbiamo ascoltato il Vangelo della Trasfigurazione , ( seconda domenica di quaresima) e certamente ci siamo lasciati stupire da un Gesù bello come il sole e dai vestiti bianchi come la neve.
Possiamo riconoscerci nel volto raggiante di Gesù quando amiamo, quando raggiungiamo un obiettivo importante, quando superiamo una grossa difficoltà.
Lì dove mettiamo amore e passione, vinciamo quelle parti di noi che chiamano morte e anche noi, già adesso, diveniamo focolai di luce.
Allora in questi passi quaresimali ,
desideriamo parlarti del dinamismo trasformante che si innesca nella nostra vita quando ci lasciamo portare nel deserto ( come dicevamo la volta scorsa) e lasciamo Dio parlare sul cuore.
Se hai tempo e pensi che queste sollecitazioni possano aiutare il tuo discernimento, fermati un attimo e continua a leggere.
Papa Francesco, in un documento dedicato a noi monache dal titolo : Vultum Dei quaerere scrive:
«La vita contemplativa femminile ha sempre rappresentato nella Chiesa e per la Chiesa il cuore orante, custode di gratuità e di ricca fecondità apostolica ed è stata testimone visibile di misteriosa e multiforme santità. […].
La Chiesa conta sulla vostra preghiera e sulla vostra offerta per portare agli uomini e alle donne del nostro tempo la buona notizia del Vangelo. […]
Il mondo e la Chiesa hanno bisogno di voi, come “fari” che illuminano il cammino degli uomini e delle donne del nostro tempo. Questa sia la vostra profezia. […]
Non cessate di intercedere costantemente per l’umanità, presentando al Signore i suoi timori e le sue speranze, le sue gioie e le sue sofferenze […]. Come ho scritto nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, «intercedere non ci separa dalla vera contemplazione, perché la contemplazione che lascia fuori gli altri è un inganno»
Le sollecitazioni contenute in queste citazioni della Vultum Dei quaerere, ci confermano nel ministero dell’intercessione.
In particolare però ci aiutano a comprendere come la fecondità specifica della nostra vita contemplativa derivi dal suo essere, e dal cammino di “verità” intrapreso al primo si e che continua ogni giorno.
Ci aiutano a comprendere come la fecondità apostolica della nostra vita derivi da quell’antropologia in atto che è la nostra Pasqua nel crogiolo dei nostri piccoli o grandi deserti.
Ci aiuta a comprendere che la fecondità della nostra vita fiorisce dalla donna nuova che per pura grazia ciascuna di noi man mano diviene.
Questo dinamismo trasformante
si traduce in testimonianza irradiante, eloquente per la fecondità del suo ascolto, del suo silenzio e della sua stessa marginalità,
E’ la ragione profonda per la quale la nostra preghiera può farsi carico dell’attesa latente in tanti cuori umani.
E’ il motivo per il quale la nostra obbedienza è veramente la Pasqua di Cristo che si prolunga fino a oggi.
Ed è il fondamento sul quale la nostra vita allarga a poco a poco i confini del cuore verso tutti con i modi propri della nostra vocazione.
Nel cammino il cuore lentamente si frantuma. L’esperienza della preghiera diviene riflesso della tenerezza di Dio; diviene bontà, misericordia a immagine di quelle che noi stesse abbiamo potuto incontrare un giorno, continuiamo a incontrare ogni giorno e che non possiamo più tenere per noi stesse.
L’esperienza della purificazione del cuore ( nel deserto)
ci insegna gradualmente a stare nella storia intrecciando un rapporto “verginale” con essa.
Il cuore costantemente purificato, ci aiuta a rimanere ferme nel ricordo di Dio e a trovare le sue “tracce in ogni cosa”, in ogni persona e in ogni gesto.
Lo stare nel ricordo di Dio, ci consente, man mano, di trasformare il nostro vuoto, sempre più sperimentato, in grembo per il dono della vita di Dio.
Ci insegna a donare, a nostra volta, ciò che siamo osando la” perdita” di noi stesse nell’orizzonte del dono come risposta al dono ricevuto (chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà (Mt 16,25).
Acquisiamo, giorno dopo giorno, da una parte la coscienza di essere in Dio e dall’altra di essere un volto che cerca, un volto che prende l’iniziativa di “perdere l’iniziativa” e si espone fiduciosamente a Lui ricevendosi in e come dono.
È un lavoro del desiderio ma anche un lavoro di custodia del cuore, di un “so-stare” fiduciosamente nell’orizzonte della “resa”, di uno sguardo interiore che fermi, confermi, affermi la vita ordinaria in un soggetto profondo, in quel Tu da cui tutto trae e trova senso.
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