Un cuore sfondato dall’amore

Vogliamo portarti oggi sui sentieri di un incontro che ogni giorno si attua e rinnova.

Vogliamo portarti con noi e tra noi! Nella semplicità e naturalezza di un quotidiano di donne, monache nel Carmelo, figlie di un chiostro che separa ma non divide, chiude alle chiacchiere per aprire alla Parola;  solleva da vincoli che incatenano per immettere in legami di amore; donne che cercano e vivono l’esperienza della sequela dell’Amore .

Entra perciò anche tu

se vuoi – in questo Dal silenzio all’amoresilenzio, sobrio anche di gesti.

Entra

e incrocia il tuo cammino con la nostra fede che cerca e si affida al conforto di una Parola vera, imperitura ma anche sensibile, emotiva, disarmante, una Parola che puoi toccare con mano; una Parola che aggancia la vita nell’intimo come nelle sue pieghe più esteriori, una Parola che sceglie e qualifica la concretezza anziché l’astrazione. 

Vieni e vedi

l’impegno e la dedizione del servizio nascosto, dove il bene dell’altro viene prima di tutto, più che la preoccupazione di contendersi la leadership o l’agitazione di stare sempre un passo avanti. 

Noi siamo qui, con la gioia e l’impegno di essere discepole… come i Dodici, «con» Gesù. Desideriamo vivere il suo “destino”: servire.

Puoi imparare con noi

la grammatica di Gesù che non ha verbo più nobile di questo. Servire. 

Noi stiamo qui in ascolto e nella pratica della lezione cruciale di Gesù: il dono nel servizio. 

Qui

forse non udrai  spesso grandi domande.  Forse, come per le prime donne del vangelo, anche da non sentirai dire:

«Signore, sono pochi quelli che si salvano?» (Luca, 13, 23); o, in una prospettiva più individuale: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» (Luca, 10, 25).

Ma di certo dall’intimo spesso affollato da accoratezze e pensieri -che molti portano e consegnano al nostro esserci e alla nostra intercessione- anche da noi prorompe il grido: «Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!» (Luca, 11, 27). 

La nostra voce è un grido che viene dal silenzio, lontano dai rumori ; un gemito che parla di gestazione e di crescita, di una beatitudine materna che è il cullare con amore il concreto della vita, il chinarsi su di essa, nutrirla, aiutare l’esistenza a consolidarsi .

 Qui, per noi ,

nell’esperienza della solitudine e del silenzio si innesta una forma altra di comunicazione. 

«Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!». 

Qui,

per la forza della preghiera può scorrere un flusso di realtà che interviene a modellare la fede e trasformare la vita, non rimanere prigioniera del razionalismo, del rito, della dottrina rigida e legalista 

Qui,

per l’autenticità di un cammino di sororità, trabocca una intensità esistenziale, un sapore di quotidianità che viene a incarnare la fede. 

Lo spazio è quello domestico. L’occasione è un pasto. L’ambito è quello delle relazioni. L’esercizio è quello della cura. E c’è una sensibilità che avvolge il tutto della vita, anche quando questa si manifesta minuscola e dolorante.

Non mancano le lacrime

e le piangiamo come la vedova di Nain, la peccatrice, le donne di Gerusalemme… 

Sai, ci siamo tutte: la donna curva, la donna che cerca la moneta o l’emorroissa. 

Le nostre lacrime sono un traboccare di emozioni, a volte di conflitti,  spesso di gioie, di una solitudine piena ma talvolta anche amara, di ferite. di miserie…di conforto e consolazione. 

Le lacrime

sono Dio  che s’incarna nelle nostre vite, nei nostri fallimenti, nei nostri incontri. 

Come è confortante trovare nel Vangelo Gesù piangere. 

Egli si carica della nostra condizione, si fa uno di noi, ingloba le nostre lacrime, le prende con sé veramente. 

Quando piange, raccoglie e assume solidalmente tutte le lacrime del mondo.

Le lacrime:

misterioso paese : linguaggio,  grido forte benché silenzioso, una specie di sete dichiarata, esposta…un sacramento della sete. 

Anche noi nelle lacrime che cadono dai nostri occhi, proviamo a vedere la sete della nostra epoca, il gemito, che sale ai cieli, di questo immenso flusso umano in cui stiamo anche noi, di tanti che bussano, che chiamano, che scrivono; di molti che non cercano e non sanno ma piangono.

È interessante per me farti notare come in questo luogo in cui sorge il nostro monastero, Maria apparendo alla piccola Veronica Nucci 

(apparizione riconosciuta dalla Chiesa, 19 maggio 1853), abbai chiesto: aiutami a piangere”.

Un Carmelo, appoggiato ad un Santuario dove ogni pellegrino giunge per consegnare le proprie lacrime e tanta pochezza per poi attingere dalle lacrime di Maria, la chiarezza di un nuovo cammino di vita.

Qui,

puoi essere immessa in una esperienza nuova, fatta di autenticità e poter vedere la tua biografia raccontata anche attraverso le lacrime: di gioia, di festa, di commozione luminosa, ma anche di notte oscura, di lacerazione, di abbandono, di pentimento e di contrizione

Qui

puoi  pensare alle lacrime versate, e a quelle che sono rimaste un nodo in gola e la cui mancanza ti è poi pesata, o forse ti pesa ancora.

Qui

puoi consegnare Il dolore di quelle lacrime che non sono state piante. Dio le conosce tutte e le accoglie come una preghiera. 

È un luogo di fiducia, dunque. 

Anche se scrivendo, entriamo nella scena della tua vita, siamo pronte ad uscirne in silenzio sperando che tu avverta quanto il nostro passaggio sia carico di una verità incontestabile. 

Che sono mai le parole? Una lacrima le supera tutte in eloquenza.

Entra allora se vuoi

  ci troverai proprio in questa situazione. Su uno scenario improbabile simile forse a quello della casa del fariseo dove ognuna di noi autenticamente presente ma serenamente e consapevolmente collocata in un anonimato liberante, consegna la propria storia. E lo fa come può: con il suo pianto prolungato, i capelli che strusciano sul pavimento, un cuore sfondato dall’amore… in una coreografia umile, a tratti lancinante; i baci e il profumo che altri non ha il pensiero di offrire a Gesù.

Nessun commento

Aggiungi un commento