
23 Dic tra le mura del monastero
Trascorriamo la nostra vita fra le mura del monastero, scopriamo che quanto più fedeli siamo alla chiamata interiore alla santità e rispondiamo con “fedeltà a Gesù Cristo”, con il quale conseguiamo una graduale riscoperta e crescita di noi stesse in Dio, tanto più giungiamo ad essere apostoli efficaci per la contemplazione. Offrendo costantemente al Signore nei nostri cuori le ansie missionarie della Chiesa e la sua sollecitudine verso tutti, come Madre e Maestra, scopriamo realmente lo spirito delle nostre costituzioni che dicono ” Un’autentica vita contemplativa è necessariamente apostolica. Perciò lo spirito apostolico penetra tutta la nostra vita, di modo che l’orazione e l’immolazione sono animate dall’ardore ecclesiale e missionario, secondo l’esempio del nostro padre S. Elia: “Ardo di zelo per il Signore Dio degli eserciti” (1Re 19,10).
Celebrare l’opera della salvezza, come voce della Chiesa
La liturgia eucaristica, “la vetta alla quale tende tutta la Chiesa e la sorgente da cui deriva tutta la sua forza” (PO,5), è il mezzo privilegiato di celebrare, a nome della Chiesa, nella gioia e nell’azione di grazie, l’opera della salvezza compiuta da Cristo. Per questa stessa identificazione con la Chiesa e mediante la celebrazione della liturgia e la nostra offerta quotidiana, intercediamo per tutto il popolo di Dio e ci uniamo all’azione di grazie di Gesù Cristo al Padre. La nostra vita è eucaristica, poiché tutto il nostro essere ,per mezzo della professione, è associato al sacrificio eucaristico. E’ eucaristica perché tende con la Chiesa a questa unione di adorazione, lode, azione di grazie e supplica che Cristo stesso offre, come capo del suo Corpo Mistico, al Padre. E’ eucaristica, perché seguendo la Regola, ha al centro l’Eucarestia. Ed è anche eucaristica perché tutto quello che siamo e facciamo sussulta con ardore e zelo per le anime e l’opera della redenzione, attualizzata nel sacrificio eucaristico.
Rimanere nella fonte della comunione ecclesiale
“Le monache di clausura, per la loro specifica chiamata all’unione con Dio nella contemplazione, si ritrovano pienamente nella comunione della Chiesa, divenendo segno singolare dell’intima unione con Dio dell’intera comunità cristiana. Alle contemplative claustrali non si chiede perciò di fare comunione con nuove forme di presenza attiva, bensì di rimanere alla fonte della comunione trinitaria, dimorando nel cuore della Chiesa” ( VS, 6). Le nostre comunità sono nella Chiesa e, pertanto vivono e servono in comunione con la Chiesa locale. Questa spiritualità di comunione si attua concretamente quando ogni comunità abbraccia nel suo ardore apostolico le intenzioni e preoccupazioni della parrocchia e di tutta la diocesi, specialmente del vescovo e dei sacerdoti (cf. Cost,94). RIVCM 2007 35-36
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