Sequela

Sequela- Visite di Dio

Il ricordo di uno sguardo carico di sorpresa, campeggia nella mente in questi giorni. Fluttuano pensieri ed emozioni mentre cerco di custodire silenzio e solitudine e quella calma che renda l’ anima immobile come uno specchio d’acqua per riconoscere, riflesso negli eventi, nelle persone, nelle storia di ogni giorno, il volto del Signore. Osservo il mio, il tuo, il cammino di ciascuna e mi accorgo che la nostra vita monastica, la vita cristiana, la sequela evangelica passa inevitabilmente per la via della lotta. Una lotta che si combatte su due fronti. Da una parte le vicende dure proprie della vita, necessarie per purificare le intenzioni, per raddrizzare lo sguardo, per educare il cuore, dall’altra le prove interiori che svelano gradatamente le insidie dell’io al cammino di configurazione a Cristo. Rifletto sulla mia vicenda personale ma anche su quella di tante altre sorelle e riconosco che la nostra scelta di vita si concretizza con il richiamo irresistbile di Cristo a dargli tutto, ad essre l’Unico, a preferire Lui e il suo amore a qualsiasi cosa nonstante, anzi dentro l’esperienza della nostra fragilità e finitudine.

Tuttavia, provo sulla mia pelle che molte voci interne ed esterne possono distrarci dalla sequela, possono farci sentire la sete di altre acque, possono portarci alla radice del nostro desiderio di amore che sorge da profondità prima sconosciute o sottaciute, possono innescare in noi la dura lotta della fedeltà. Ci si imbatte in un cammino lungo e impegnativo in cui si attraversano momenti di buio, di notte, in cui la fede viene messa alla prova e si sperimenta il silenzio di quel Dio per cui si credeva di aver lasciato tutto. Arriva il momento in cui crollano le alte idealità della vita comunitaria, pesa ogni limite proprio e altrui. L’io con le sue pretese si aggira vacillante tra la faticosa purificazione delle passioni e il rifiuto della soppressione della distanza e alterità di chi sta di fronte, tra un ipertrofica idea di sè “convinta” di una certa generosità e l’arte di rimanere saldi, di pazientare e di non venir meno nell’ora negativa, tra la negazione del fallimento per l’insostenibile pesantezza della sua realtà e l’accettazione delle umiliazioni che vengono da Dio, dai noi stessi e dalle altre, tra la consegna totale a Dio e il baratto con le stesse idee false di Lui e di se stesso costruitesi come idoli per pianificare e autogarantire la propria sopravvivneza. Come Gesù nei 40 giorni di deserto, anche noi proviamo la fame e anche a noi, come a Lui, si presente, con inganno, il principe della menzogna…dovremmo sorprenderci con Eva e chiederci ” Può un serpente parlare?” … Non ci si sente più sicure della scelta fatta, non ci si sente più adeguate, non ci si riconosce più nel carisma, ci si sente sprecate, si avverte una solitudine stritolante. Il richiamo è a disobbedire, a misconoscere in circostanze e persone la presenza fedele e operante di Dio e cedere ai ricatti del cuore, a lasciasrsi incastrare da rigorismi farisaici che imbiancano le apparenze ma possono impudritire il cuore, far desistere nella sequela…

… Molte tentazioni rincorrono il pensiero: adeguarsi, apparire, mollare, un susseguirsi di chimere senza futuro… aumenta la percezione dell’abisso delle proprie povertà, ci si sente ancora terribilmente legate al bisogno di considerazione, di prestigio, di autosufficienza, di esclusività ….
Ma dal profondo l’invito è a so-stare dentro la fragilità e il combattimento, a rimanere anche se scomode, anche se non ci si vede poi tanto migliori di altre, a restare e non cercarsi più in prima fila ma all’ultimo posto, a stare con il cuore frantumato, nella stessa condizione del pubblicano incapaci di alzare gli occhi al cielo ma consapevoli che solo la sua Grazia può fare il miracolo di un cuore nuovo, solo la sua Grazia può dare un cuore di carne in grado di amare non in prova o a tempo ma sempre e senza nulla chiedere in cambio, solo la sua Grazia può dare lo slancio per donarsi incondizionatamente alla comunità, in ogni azione, fosse anche la più umile, fino all’estremo. Il tuo compito è solo aspettare con pazienza, ripetendo con sincerità nel profondo del tuo cuore: Signore Gesù abbi pietà di me.

La prova allora diventa una grande occasione per entrare nel profondo di se stesse e da un lato prendere coscienza che il cuore non è ancora puro perchè non ama ancora Dio con tutte le prorpie forze, dall’altro scoprire di essere abitate e attese da una Presenza.
Quante volte ho riflettuto e quante cose abbiamo letto sulla vocazione monastica… Quanto diventano vere e realistiche quando Dio interviene, si cinge i fianchi per lavarci i piedi, per purificarci integralmente, per avviare nella nostra la Sua kenosi ravvivando in noi il desiderio bruciante di amare del Suo stesso amore crocifisso che non chiede nulla in cambio, che dona la vita, la nostra storia diventa improvvisamente a “raso terra”, quasi “sottotraccia” e ti incanta ritrovarti all’ombra di Colui che ti rende “forte” come ricorda Paolo perché ti ha amata per primo. Vivere all’ombra di un “Grande” è quanto di più confortante ci possa essere, se poi costui è Dio la felicità inonda come un fiume in piena.

Il cammino si concretizza progressivamente come un consapevole e continuo esercizio di educazione del cuore, di liberazione dalle immagini errate di sè, di purificazione e ri-orientametno del desiderio, di costante ricerca del Suo volto, di continuo e grato affidamento alla Sua misericordia. Ed è proprio nel Suo volto che troviamo quel porto che è fonte di una gioia che sorpassa ogni sensazione.

2 Commenti
  • Laura Donato
    Pubblicato alle 12:54h, 12 Settembre Rispondi

    mi hai letto nel cuore? è la prima reazione. Poi mi chiedo, ma è proprio vero che c’è il mio ritratto attuale?

  • Michela
    Pubblicato alle 10:29h, 20 Settembre Rispondi

    Grazie.

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