
18 Mar In cerca di Luce
Profezia in uno sguardo. Siamo arrivati a quella che dalla liturgia viene definita Domenica Laetare, domenica di gioia perché è orami vicina la Pasqua.
La gioia si veste di luce, con il miracolo della guarigione del cieco nato.
La vita del cieco, liberata dalla schiavitù di ogni legalismo, ora è vita profetica, ora è un’alba radiosa, luminoso annuncio di un giorno nuovo.,
In questa scia di luce, si innesta il nostro cammino e di step in step, procede un discernimento…Un ascolto intimo che prepari alla Pasqua ma soprattutto accompagni verso la comprensione del progetto di amore di Dio per la tua vita.
Allora eccoti ancora uno spunto sulla possibilità per te di vivere il Vangelo in una vita come la nostra.
Profezia in uno sguardo.
Tutto ha inizio con una esperienza di Dio che coinvolge totalmente ma mai fa perdere il contatto con la realtà che ci circonda. E sei profeta perché facendo esperienza di Lui senti l’urgenza di comunicarla, di condividerne stupore ed esigenze. Avverti la necessità di vivere in ascolto dello Spirito e cercare e trovare nella preghiera, la forza per affrontare i cammini sempre inediti che Lui indica e fa intravedere.
Questa profezia si narra con la vita. E il segno specifico è divenire portatrici e testimoni per l’umanità di oggi, di una autentica attenzione alla debolezza dell’altro come incarnazione della tenerezza di Cristo. Ma in concreto per una monaca carmelitana cosa significa?
In concreto significa assumere la realtà quotidiana, decidere e scegliere ogni giorno di integrare la nostra umanità nello sguardo di Dio attraverso il ritmo della vita fraterna: i momenti di preghiera personale, il lavoro in cella o in comune, le ricreazioni, il cantare insieme le stesse parole dei salmi, il celebrare l’Eucaristia, l’amicizia fra noi e con tanti che incontriamo, con i modi propri della nostra identità monastica, e secondo il volto concreto della comunità.
Profezia in uno sguardo.
Se spalanchiamo orizzonti di ascolto, accoglienza e solidarietà.
Quando affermiamo di stare nella storia sapendo che essa è il luogo in cui Dio si fa trovare.
Se apriamo il cuore in una magnanimità dialogante.
Tutto ciò si rende tangibilmente concreto quando diamo alla straordinaria forza della “sororità”, il tempo per dispiegare le sue potenzialità.
E si parte da quella gestazione nel deserto di cui parlavamo qualche giorno fa, dove quelle di noi che arrivano accecate dai loro ego eroi, imparano gradualmente a lasciarsi disarmare dall’orgoglio e quante soffrono miopie di ego deboli, dalle paure.
Questo cammino, e il sostegno vicendevole, ci preparano ogni giorno ad un dono di noi stesse sempre più consensuale, maturo, aperto.
Profezia in uno sguardo.
Il cammino di luce che come monache carmelitane siamo chiamate a fare si dipana in un incessantemente in ascolto della Parola che quotidianamente ci sollecita e rigenera. Ci porta ad assumere visibilmente e coscientemente la sfida del contemplare ossia del “vedere oltre” e cogliere i segni della presenza di Dio nel quotidiano. Ci impegna ad essere espressione di una Chiesa in ascolto, interlocutrice sapiente, capace di riconoscere le istanze che Dio e l’umanità pongono nei solchi del tempo. Ci fa desiderare e adoperare per essere volto della Chiesa, che nell’umile vicinanza con Dio e nella sincera compassione verso l’altro, cerca di attuare e promuove concretamente, un’esistenza rinnovata, purificata, trasfigurata.
Ci sprona in ultima istanza ad assumere con serietà e serenità la sfida di una vita addossata al deserto, ma rivolta al mondo e veramente aperta ad esso con umiltà e discernimento.
Leggevo da un monaco certosino la vita del contemplativo è come una presa di corrente, il dispositivo cioè che sta in basso alla parete dove infiliamo la spina di un qualsiasi oggetto che necessita di corrente. La presa assicura il contatto permanente con l’energia. Il contemplativo permette alla corrente di passare ma egli a volte neppure vede la luce.
Proprio come una presa, egli può trovarsi in una zona buia. Non aspira ad essere visto e rimane nella pura fede.
Ecco la profezia in uno sguardo:
Sperimentare che, questo stare in basso, in disparte, ben lungi dal fornire l’occasione per uno sfoggio di abnegazione, è la nostra opportunità liberante per fare e far fare spazio alla grazia di Dio.
E’ la nostra opportunità per imparare, progressivamente, ad aprire il cuore alla via dell’umiltà evangelica che ci fa stare in ascolto di ogni voce … perché «niente è senza voce.
Ci aiuta ad orientare e riorientare sempre lo sguardo verso Cristo e a guardare e prenderci cura di ogni creatura con gli occhi e gli stessi sentimenti di Cristo.
Ci insegna ad essere umili, poiché solo l’umiltà ci fa verificare il miracolo che Dio diventa “percepibile dal nostro cuore” e dal cuore di chi ci è a fianco.
San Giovanni della Croce sosteneva che un piccolo atto di puro amore è più utile alla Chiesa di tutte le altre opere messe insieme.
Ciò che nasce dalla preghiera e non dalla presunzione del nostro io, ciò che viene purificato dall’umiltà, anche se è un atto di amore appartato e silenzioso, è il più grande miracolo che un cristiano possa realizzare.
E questa è la strada della preghiera di contemplazione.
Io Lo guardo, Lui mi guarda! Questo atto di amore nel dialogo silenzioso con Gesù fa tanto bene alla Chiesa..
Tra i detti dei padri del deserto si legge: «Fu chiesto a un anziano: “Qual è l’opera del monaco?”. Rispose: “Il discernimento”.
Vivere nella profezia di uno sguardo :
saper discernere, guardare non tanto alle cose quanto attraverso esse, fino al loro cuore, fino al centro.
Imparare a guardare non dal basso, dal limite ma dall’alto, con l’occhio di Dio, con la grandezza infinita del desiderio e della fantasia di Dio.
Perché? Perché Dio opera sempre e ci sorprende anche quando non siamo preparati. Dio ci raggiunge sempre!
Profezia in uno sguardo.
Terreno umile di speranza, che con la forza profetica del suo esserci può essere faro che illumina angoli bui di vita. “Provocazione” sul limite terreno che sempre più ci soffoca, calate nella storia ma con prospettive di cielo.
Parola dal silenzio che sceglie di declinare il quotidiano sul paradigma della preghiera, della solitudine , della gioia delle piccole cose, coscienti che è compito nostro epocale (contro lo smarrimento della profondità della vita), dire all’uomo e alla donna di oggi, con la nostra vita e le nostre relazioni, che la piena umanizzazione coincide col proprio cammino di conversione.
Rinnovare lo sguardo all’interno di ogni convivenza e vedere che ancora è possibile tracciare sentieri di libertà e verità. E’ possibile giungere al cuore delle persone e, anche in questo nostro tempo, “essere” profezia in uno sguardo.
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