Come è possibile riconoscere questa chiamata?

Carissima, sono qui a rispondere a domande per noi “consuete” ma non per questo scontate.

Mi chiedi di parlarti della vocazione alla vita consacrata e cerco di farlo con poche frasi, nella speranza che queste ti raggiungano in modo chiaro e diretto. Il significato e il senso proprio della parola vocazione è racchiuso nel termine chiamare. “Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. (Gv 15,16) Ogni chiamata ha la sua origine nel Signore che misteriosamente sceglie e invita alla sua sequela.

Tra le molteplici vocazioni, segno della vitalità dello Spirito nella Chiesa, la vita consacrata è, come le altre, una risposta ad una chiamata di amore di Dio. Nessuno può darsi da sé, immaginarsi o costruirsi una vocazione del genere, solo Dio ne è l’autore; possiamo solo riceverla, accoglierla. Questo è il senso proprio della parola “vocazione”: “Io ho scelto voi”: Qualcuno che chiama…


Questa chiamata di Gesù possiamo sperimentarla: non è un fatto straordinario: tutt’altro!! Dio ama ognuno di noi e lo attira a sé in modo inconfondibile e unico! La Chiamata si presenta prima ancora che come sentimento o riflessione come un incontro, un fatto che avviene: la vita appare preziosa agli occhi di Dio che ha cura di noi!


Ma come è possibile riconoscere questa chiamata? Sapere qual è la volontà di Dio sulla nostra vita, su di noi? La preghiera quotidiana al Signore è il primo elemento per comprendere nel profondo del proprio cuore cosa abita e cosa Gesù vuole che io faccia. Non dobbiamo porci la domanda su “cosa voglio io fare nella vita, della mia vita?”, ma accordarci interiormente alla volontà di Dio su di noi e chiederci “cosa vuole Gesù che io faccia?”.

Il cuore, la propria interiorità è il primo luogo in cui ascoltare la risposta ma è necessario abbassare il volume di ogni altra voce per percepirla, chiedere, implorare il dono di un cuore che ascolta…per fare questo bisogna essere consapevoli che all’interno del nostro cuore, quotidianamente, è in atto una vera lotta spirituale. Siamo sempre dinanzi ad una scelta: far fruttificare la parola di Dio seminata in esso o non accoglierla, allontanando il dono elargito sovrabbondantemente e vivere, nella migliore delle ipotesi, in una sorta di intontimento.

Poi è di grande aiuto il confronto con un Sacerdote, un Padre Spirituale che sostenga nella lettura della propria storia, dei desideri, dei timori, e sia una guida nel cammino di discernimento. Capita di avvertire forte il desiderio di realizzare qualcosa di importante per la propria vita e ciò che si fa non ci basta più, è come se mancasse qualcosa. Al tempo stesso ci scopriamo sensibili di fronte alle sofferenze e ai dolori dei fratelli e delle sorelle. Pian piano maturano in noi delle “convinzioni” alle quali cerchiamo di restare fedeli e attraverso le quali ci apriamo alla libertà e all’amore, realtà che donano coraggio e perseveranza nel cammino…tra le quali scopriamo con forza crescente che vale ancora la pena donare la vita per amore.

 

Dio vuole che siamo felici e solo seguendo ciò che Lui ha disposto per noi, la sua chiamata possiamo raggiungere un alto livello di felicità. Per questo è decisivo nella vita di ciascuno scoprire qual è il progetto di Dio. E’ triste pensare che Dio possa proporre qualcosa che non renda felici!! Ciò che realizza il desiderio profondo che è nascosto nell’intimo non sempre è a fior di pelle, tavolta non è il primo pensiero che viene in mente ma è quello che sul momento può fare più paura di tutti. La vita comporta inevitabilmente sacrificio in ogni ambito e seguire la propria vocazione non toglie la sofferenza; fondare la propria vita su Cristo dona una gioia impareggiabile. A volte si è chiamati a scegliere qualcosa che all’inizio sembra costare maggiormente ma a ben pensarci la vita stessa è un impegno e richiede una tale responsabilità che solo attraverso il superamento dello sforzo e della fatica si attua il meglio di se stessi.

Solo in tal modo è possibile l’esercizio della libertà come tendere verso il nostro vero bene, esercizio che comporta l’assunzione di scelte veramente personali, non suggerite da altri e neppure dettate dall’emozione. Ricorda che la vocazione non è un sentimento ma una storia d’amore e richiede l’esercizio della continua riflessione per evitare di restare eternamente indecisi e in preda al momento…


Ti lascio alcune parole di Bonhoeffer come ulteriore spunto di riflessione sulla Sequela:

“Cristo chiama e, senza ulteriore intervento, chi è chiamato obbedisce prontamente. Il discepolo non risponde confessando a parole, la sua fede in Gesù, ma con un atto di obbedienza. E che cosa ci dice il testo del modo di seguire? Seguimi. Corri dietro a me. Ecco tutto. Camminare dietro a lui è, in fondo, qualcosa senza contenuto. Non è certo un programma di vita, la cui realizzazione possa sembrare ragionevole; non è una meta, un ideale a cui si possa tendere. Non è una cosa per cui, secondo l’opinione degli uomini, valga la pena impegnare qualcosa, e tanto meno se stessi. Ma che accade? Il chiamato abbandona tutto ciò che possiede, non per compiere un atto particolarmente valido, ma semplicemente a causa di questa chiamata, perché altrimenti non potrebbe seguire Gesù. A questo atto in sé non viene dato alcun valore. L’atto in sé resta qualcosa di assolutamente irrilevante, insignificante. Si fa un taglio netto e semplicemente ci si incammina. Si è chiamati fuori e bisogna «venir fuori» dall’esistenza condotta fino a questo giorno; si deve “esistere” nel senso più rigoroso della parola. Il passato resta indietro, lo si lascia completamente. “
(D. Bonhoeffer, Sequela, Queriniana, Brescia 1971)

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