Kenosi

La “forma” di Cristo
Tra le diverse meditazioni condivisibili sulla vita monastica, oggi desideriamo porre l’attenzione sulla Kenosi di Dio come fondamento e riferimento ultimo del nostro modo di realizzare la nostra vocazione. Cristo, pur essendo di natura divina, 
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo 
e divenendo simile agli uomini. 
Apparso in forma umana, 
umiliò se stesso facendosi obbediente 
fino alla morte e alla morte di croce.
. (Fil 2,6-8) Un grande testimone della tradizione orientale, Teodoreto, Vescovo di Ciro, in Siria, nel V secolo così afferma: “L’incarnazione del nostro Salvatore rappresenta il più alto compimento della sollecitudine divina per gli uomini. Infatti né il cielo né la terra né il mare né l’aria né il sole né la luna né gli astri né tutto l’universo visibile e invisibile, creato dalla sua sola parola o piuttosto portato alla luce dalla sua parola conformemente alla sua volontà, indicano la sua incommensurabile bontà quanto il fatto che il Figlio unigenito di Dio, colui che sussisteva in natura di Dio (cfr. Fil 2,6), riflesso della sua gloria, impronta della sua sostanza (cfr. Eb 1,3), che era in principio, era presso Dio ed era Dio, attraverso cui sono state fatte tutte le cose (cfr. Gv 1,1-3), dopo aver assunto la natura di servo, apparve in forma di uomo, per la sua figura umana fu considerato come uomo, fu visto sulla terra, con gli uomini ebbe rapporti, si caricò delle nostre infermità e prese su di sé le nostre malattie” (Discorsi sulla provvidenza divina, 10: Collana di testi patristici, LXXV, Roma 1988, pp. 250-251). Similmente Gregorio Nazianzeno Dottore della Chiesa del IV secolo dichiara che Gesù Cristo «non si spogliò di nessuna parte costitutiva della sua natura divina, e ciò nonostante mi salvò come un guaritore che si china sulle fetide ferite… Era della stirpe di David, ma fu il creatore di Adamo. Portava la carne, ma era anche estraneo al corpo. Fu generato da una madre, ma da una madre vergine; era circoscritto, ma era anche immenso. E lo accolse una mangiatoia, ma una stella fece da guida ai Magi, che arrivarono portandogli dei doni e davanti a lui piegarono le ginocchia. Come un mortale venne alla lotta con il demonio, ma, invincibile com’era, superò il tentatore con un triplice combattimento… Fu vittima, ma anche sommo sacerdote; fu sacrificatore, eppure era Dio. Offrì a Dio il suo sangue, e in tal modo purificò tutto il mondo. Una croce lo tenne sollevato da terra, ma rimase confitto ai chiodi il peccato… Andò dai morti, ma risorse dall’inferno e risuscitò molti che erano morti. Il primo avvenimento è proprio della miseria umana, ma il secondo si addice alla ricchezza dell’essere incorporeo… Quella forma terrena l’assunse su di sé il Figlio immortale, perché egli ti vuol bene» (Carmina arcana, 2: Collana di Testi Patristici, LVIII, Roma 1986, pp. 236-238). Pensando all’Incarnazione di Dio come espressione della sua condiscendenza verso di noi, riconosciamo perciò la modalità con la quale Dio sceglie di auto-rivelarsi come Dio- amore e vediamo la condivisone profonda di Dio con l’uomo che in Cristo ci offre la possibilità di conoscerlo e di portare a pieno compimento la nostra umanità. Sulle tracce dell’abbassamento di Dio, recuperiamo uno stile che impone una riflessione sul nostro modo di essere e ci pone rigorosamente sul piano della crescita continua nella libertà interiore, nella profondità spirituale e nella verità di noi stessi a partire da Cristo. La vita monastica, richiede infatti, un forte e radicale riferimento a Gesù tale da cambiarci da dentro e in profondità… dall’alto: C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». 
Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». (Gv 3,1-3) Rinascere dall’alto: dall’Acqua e dallo Spirito, essere purificate con l’acqua dell’umiltà e dell’abnegazione e dallo Spirito di Verità. La sequela monastica passa inevitabilmente per la via dell’umiltà. Le vicende dure proprie della vita, aiutano a purificare le intenzioni, a puntare lo sguardo solo su di Lui, a educare mente e cuore ai “sentimenti che furono di Cristo”, le prove interiori poi, svelano gradatamente le insidie dell’io al cammino di configurazione a Cristo. Questo processo di abnegazione assunto e sostenuto dalla Kenosi di Dio, ci aiuta a rimanere dentro la fatica del combattimento spirituale, a rimanere anche se scomode, anche se deformate nell’immagine di noi stesse… a restare e non cercarci più in prima fila ma all’ultimo posto, a stare con il cuore frantumato ma purificato, come il pubblicano, incapaci forse di pregare ma consapevoli che la sua Grazia può fare il miracolo di farci rinascere dell’alto con un cuore di carne in grado di amare senza nulla chiedere in cambio, fino all’estremo e fino alla fine, aspettando… con pazienza, con perseveranza, con pace e ripetendo con sincerità nel profondo del cuore: Signore Gesù abbi pietà di me. Dio così viene, per vivere nella nostra la Sua kenosi e ravvivare in noi il desiderio bruciante di amare del Suo stesso amore crocifisso . E così ci accorgiamo che non è la nostra mente o la nostra fantasia che raggiunge, o meglio che si illude di raggiungere, il Signore ma è Dio che, aspettando la nostra libera e volontaria adesione alla sua chiamata, arriva ci cambia, ci trasforma, ci plasma interiormente e dona al nostro cuore la forma di Cristo.

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2 Commenti
  • Elena
    Pubblicato alle 20:18h, 27 Maggio Rispondi

    Come siete belleeee!
    Io mi chiamo Elena, ho 22 anni appena compiuti, anch’io sento la chiamata religiosa 🙂 però ancora non é chiaro dove …
    Bellissimo il vostro blog e le vostre foto !! Continuate così … !! ♡♡
    Dio vi benedica sorelle !

  • Franca
    Pubblicato alle 15:28h, 11 Gennaio Rispondi

    Sono stata in un vostro monastero per la professione di fede della nipote di una mia amica ,sentire i vostri canti e vedere i vostri volti gioiosi mi ha fatto pensare che un pezzetto di paradiso fosse giunto in terra .Vi chiedo di pregare per i miei figli: Giuseppe, Marco e Matteo eanche per me .Grazie
    Franca

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