Intervista a una monaca carmelitana

Chi sei?
Sono una monaca carmelitana che si impegna gioiosamente e tenacemente ogni giorno per diventare ciò che è.

Che cerchi?
Forse ti apparirà una risposta scontata ma posso solo dirti che cerco Gesù.

Perché in monastero?
Lui urla dentro di me: “Cercami in te” ; e vuole che lo cerchi non in una sequela autocentrata, fatta di risultati apprezzabili sia pur nelle tante periferie esistenziali… no! Lui urla dentro di me di scendere nella verità della mia umanità, di riconoscerlo negli anfratti della mia povertà, di giocarmi completamente in una relazione esclusiva con Lui: nella verità di una partecipazione nascosta alla sua Kenosi, di una sincera esperienza di evangelica sequela grazie alla quale poter prendere su di me la croce della mia miseria, rinnegarmi e andare dietro a Lui…. ,di una ininterrotta, perché vitale, preghiera di intercessione.

Come vivi la tua ricerca?
Vivo nel paradosso di continua lotta e pace interiore. Sì, non vedo arrestare il combattimento, né arretrare i tanti logismoi che invadono il mio campo di battaglia. Da un capo all’altro di pensieri, sentimenti, emozioni, affetti, passioni e desideri…. tutto entra in gioco nella ricerca del suo Volto e tutto sbatte frequentemente il naso contro i tanti muri che io stessa innalzo dentro di me per non perdere il prestigio della mia autoreferenzialità…. Ma ecco il paradosso: tutto questo può portare persino angoscia ma non ruba mai la pace profonda della certezza di essere parte di un grande, indescrivibile, misterioso e affascinante disegno d’amore. Non mi chiedere di spiegarlo razionalmente, certe esperienze si possono accogliere e comprendere solo nell’alveo di una fede sempre più purificata.

Che ti assale?
Che mi assale? Come dire… cosa mi travolge? Cosa mi investe? Cosa mi catalizza? … Mi rapisce l’idea che io sono una infinitesimale creatura dell’universo eppure interesso a Dio come cosa unica al mondo…. Allora, al pensiero di ciò, mi travolge il desiderio sgangherato e infedele -ma sempre irresistibile- di amarlo come primo e unico e di riamarlo … con ogni creatura, in ogni creatura, per ogni creatura

Come ti esprimi?
Dentro di me con gemiti inesprimibili che gridano il bisogno inenarrabile del suo Volto che io possa conoscere e riconoscere ogni giorno nei luoghi della mia e altrui povertà; fuori di me con la sincerità del mio cammino indiscutibilmente spedito e zoppicante al tempo stesso, lineare e inerpicato, luminoso e rabbuiante …. Insomma mi esprimo con una incontrovertibile contraddizione che provo ad accettare e consegnare allo sguardo di bontà e misericordia del Signore e delle sorelle, consapevole che la mia debolezza è forza di Dio.

Come procedi?
A volte mi sembra di essere catapultata dentro un “non fare” che annulla, ora dopo ora, la mia presuntuosa necessità di rispecchiarmi in un “mi fido di te” o un “ricominciamo”, o ancora dentro l’acerbo riconoscimento di saper e poter pensare ancora… ma camminando mi accorgo che è la via purificativa che Gesù traccia per farmi liberare da presunti efficientismi che possono subdolamente insinuarsi nei miei pensieri, nei miei giudizi, nelle mie valutazioni…. Mi accorgo, allora, che la vita della monaca non ha lo scopo di fare qualcosa per questo e quel bisogno umano o sociale sacrosanti…, la monaca esiste per essere memoria vivente di un Qualcuno con la Q maiuscola … a cui tutti consapevolmente o no aneliamo cercando il senso della nostra vita e la felicità.

È il tuo posto?
Quante volte, in tante circostanze mi chiedo se questo sia davvero il mio posto…. Io mi rendo conto, che è la mia opportunità per passare dal “buio all’Incontro”, , da una vita vissuta in superficie ad una vissuta nel profondo, dall’esperienza del: “prima ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42,5). Sì è il mio posto.

E gli altri, la sofferenza del mondo, i bisogni delle varie periferie esistenziali…. dove sono in tutto questo?
Beh un po’ forse ti ho già risposto… Gli altri dove sono? Sono nella preghiera, nella solitaria lotta spirituale quotidiana contro il tentatore, nel sacrificio … nella ri-offerta del dono implorato di un cuore contrito e umiliato che quotidianamente e volontariamente vuole aderire alla Kenosi di Dio.

Chi ti aiuta?
Il silenzio … la “Parola”… la comunità.

La comunità come?
Mi aiuta a restare in un contesto di ascolto, di vigilanza, di apertura ad un modo alternativo e “contemplativo” di guardare alla vita, alla realtà, agli accadimenti … Mi aiuta a far fecondare e germogliare la mia ricerca di Dio nel terreno fertile dell’obbedienza. Mi aiuta a rialzarmi nelle mie cadute, mi sorregge nei miei cedimenti, mi testimonia la profondità di una vita consegnata a Dio, mi aiuta a vedere come in uno specchio la verità del mio cammino di fede, di rinnegamento, di abnegazione….

Hai degli obiettivi?
Si : permettere a Dio di rendere “monaco” il mio cuore…. Cercare e trovare Lui in ogni cosa e ogni cosa in Lui; essere unita a Lui.

Cos’è per te la preghiera?
Un continuo “corpo a corpo” con Dio. Una resistenza e una resa dentro un rapporto d’amore profondo- ma asimmetrico- giocato costantemente sulla Sua fedeltà. Un’opera della fede ogni giorno alimentata e custodita dalla frequentazione della Sua Parola, dal Suo ripresentarsi alla mia porta e bussare :«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20); dal suo si gridato dentro la mia miseria costatata e riconosciuta: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. (Gv 14, 23).

A cosa non vorresti mai rinunciare per vivere la tua vita monastica?
Beh forse la risposta più esatta sarebbe che non c’è nulla a cui io non voglia rinunciare, tuttavia sento indispensabili per vivere la mia chiamata alla vita carmelitana, l’esperienza della solitudine faticosa ma rigenerante che tante volte comporta il rimanere sole col Solo; il silenzio come dimensione e possibilità di ascolto di Dio, ascolto di sé, ascolto della sorella, ascolto della creazione…., ascolto e offerta del grido di amore che sale dal mondo e scende da Dio verso un mondo disabituato ad ascoltare; ubbidienza, come cammino di docibilità oltre che di docilità che spinge generosamente verso l’esperienza autenticamente liberante dell’affidamento, della consegna, dell’abbandono fiducioso in Dio; la preghiera come il respiro di un rapporto vitale con Dio personale, sacramentale, liturgico, comunionale; la contemplazione come la verità di uno sguardo che solo l’ottica di fede può dare lì dove l’occhio umano filtra tutto con le categorie giudicanti e pregiudizievoli del torto e della ragione…. del mio e del tuo, del vero e del falso…; umiltà come cammino di espropriazione e riappropriazione di sé… come luogo del sano riconoscimento di sé e dell’altro, come esperienza dell’evangelico: Senza di me non potete far nulla; lavoro come esercizio di corresponsabilità, partecipazione alla conquista della dignità da parte di ogni uomo sulla terra, come manifestazione della bontà di Dio e dei suoi doni elargiti a piene mani, come gratitudine alla Provvidenza di Dio sempre viva e operante in mezzo a noi….

Vivere così, ti basta?
Devo permettere al Signore di fare ancora tanto vuoto in me e lasciarLo entrare, riempirmi, trasformare! Perciò….. Se mi basta? No, ancora non mi basta: cammino, con le mie sorelle, cercando fiduciosa il suo Volto.

Come Sant’ Anselmo :

“INSEGNAMI A CERCARTI…”
“Insegnami a cercarti, e mostrati a me che ti cerco. Io non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti se tu non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti, che ti desideri cercandoti, che ti trovi amandoti, e che ti ami trovandoti. Io ti riconosco, Signore, e ti ringrazio di aver creato in me questa tua immagine affinché di te sia memore, ti pensi e ti ami; ma essa è così consunta dal logorio dei vizi, così offuscata dal cumulo dei peccati, che non può fare quello per cui fu fatta, se tu non la rinnovi e non la ricostituisci. Non tento, o Signore, di penetrare la tua altezza perché non paragono affatto ad essa il mio intelletto, ma desidero in qualche modo di intendere la tua volontà, che il mio cuore crede ed ama. Né cerco di intendere per credere; ma credo per intendere. E anche per questo credo: che se prima non crederò, non potrò intendere” (dal Proslogion 1,1).

1 Comment
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    Pubblicato alle 00:16h, 09 Maggio Rispondi

    Ci sono volte in cui, a qualunque storia si appartenga, non si può che rimanere mute di bellezza. Grazie

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