Omni custodia serva cor tuum quia ex ipso vita procedit Proverbi, 4,23
Vorremmo tornare a dialogare con voi proponendovi come sempre delle semplici riflessioni che scaturiscono dalla nostre esperienza quotidiana di incontro con la Parola o dalla liturgia, o dallo scorrere abituale del libro Sacro nelle nostre mani nella lettura e meditazione personale. La Parola ascoltata e meditata ci aiuta a maturare la nostra esperienza di Dio in una fede incarnata, con i piedi per terra, necessaria per il procedere nel cammino tra le cose visibili e stimolo a mantenere alta la tensione verso le cose invisibili. In questo tempo di quaresima ormai inoltrata desideriamo condividere con voi alcune sollecitazioni Frutto di meditazione del brano tratto dal vangelo di Luca nel quale Gesù, alla vista di Gerusalemme ormai vicina, piangendo esclama: “ Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Lc 19, 41-44). La sordità e la cecità della Città Santa a fronte della salvezza donata da Dio, delineano la tragedia che incombe sull’antico popolo dell’alleanza, divenuto incapace di riconoscere il volto del suo Signore. Mi domando: -Come non riconoscersi destinatari della commozione di Gesù e della drammaticità di queste sue parole? Come non mettersi in ascolto attento, rimanere a fissare il suo sguardo commosso e verificare la nostra vita riconoscendone tutte le macerie e le devastazioni possibili che permettiamo o creiamo in noi con i nostri disordini interiori, se non addirittura con il nostro peccato? Forse può valere anche per noi, il dramma dell’incomprensione del giorno che porta la pace! Forse può riguardare anche me la tragedia spirituale che si accompagna al mancato riconoscimento del tempo in cui Dio viene a visitarmi! Riconosciamo questa verità e coltiviamo anche il proposito e la speranza che la sordità e la cecità che possono avere caratterizzato la vita di ieri non si ripropongano nell’itinerario di fede che ci sta davanti. Ma perché proposito e speranza possano concretizzarsi nel diuturno procedere, è necessario scendere in noi stessi, riconoscere le nostre brutture, cercare con tutte le nostre forze di custodire il cuore. Il cuore : la sede dell’anima, delle facoltà spirituali, dell’intelligenza e della volontà, dell’affettività. Nel cuore si elaborano le riflessioni, si formano i progetti, si prendono le decisioni che coinvolgono la vita. Dal cuore, escono le passioni che possono distruggere l’uomo. “Poiché ci hai creati di terra, Signore, non stupirti di trovarci “terrosi”, diceva Péguy. Il cuore, nella Sacra Scrittura, è anche il luogo nel quale l’uomo cerca Dio, lo ascolta, lo serve, lo loda e lo ama. Il cuore è il centro di tutta la persona, è la vita dell’uomo … è l’uomo stesso, creato a immagine di Dio che deve diventare sua somiglianza. Teofane il Recluso afferma che il cuore è il “barometro” con il quale l’uomo controlla la sua vita spirituale. Nelle Omelie dello Pseudo-Macario, invece, il cuore viene spesso paragonato ad un palazzo che deve essere restaurato e preparato a divenire la dimora del Signore. I Santi ed i Maestri della vita spirituale parlando del cuore introducono il tema della necessità “di custodire il cuore”, di “custodire l’intelletto e i desideri”, di prestare attenzione al proprio cuore, di purezza del cuore, di discernimento o esame dei pensieri, di sobrietà… di vigilanza! Simeone il Nuovo Teologo scrive: “I nostri santi padri, udendo il Signore ordinarci nel Vangelo di purificare l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno divenga puro, lasciarono ogni altra opera spirituale e lottarono con tutto se stessi per questa sola opera, cioè la custodia del cuore, perché erano convinti che insieme a questa opera avrebbero acquisito facilmente ogni altra virtù…” . Custodire il cuore: distinguere le passioni che nutrono la nostra anima da quelle che nutrono il nostro ego, sapere qual è il punto in cui una parola, uno sguardo, una lamentela, sono di troppo, passano da ciò che è legittimo a ciò che ci avvelena, non è facile. A volte sembriamo procedere per cadute…forse per ricordarci che non sappiamo fare nulla da soli e qualunque successo, qualunque cosa fatta bene, non farebbe altro che nutrire la nostra illusione di sussistere per noi stessi. Siamo invece servi inutili, dis-tratti, dis-tolti … Eppure il cuore continua ad avere sete di Dio. L’esperienza insegna che il cuore si custodisce nel silenzio, nella preghiera, nella liturgia, nella bellezza che promana da ogni cosa creata…. con buone letture e buone conversazioni, cercando compagni di strada che ci indichino un punto in alto sopra di noi. Senza scappare dalla fatica, dal dolore, dalla croce. L’esperienza lo insegna ma spesso si dimentica e ci si ritrova in petto un cuore ferito, calpestato, accartocciato… La custodia del cuore indica un’attività spirituale molto complessa che consiste in una continua vigilanza sopra i pensieri, le immaginazioni, gli impulsi dell’affettività e delle passioni per gestirli. Scopo della custodia del cuore è evitare il peccato e giungere alla purezza del cuore intesa come apertura e conformazione alla volontà di Dio. Custodire il cuore significa interrogare il proprio cuore, per non vivere nella «menzogna», quella che emerge quando il cuore si ritiene soddisfatto, o lascia dire a tutti che è soddisfatto, censurando i margini infiniti della mancanza che lo investe. Custodire il cuore significa avere il coraggio di interrogare il cuore, scoprire che «soffre una mancanza abissale che nulla e nessuno riesce a soddisfare. Nell’apprendimento della custodia del cuore, si scopre che, affinché il cuore diventi «cosciente della sua mancanza», ci vuole una ferita definita e definitiva come per il giovane ricco: “Che altro mi manca?”. Ma che cosa risponde Gesù a questa mancanza che si esprime in domanda? Gesù non dice apertamente “ti manco io”, ma esprime un invito…. una chiamata: “Seguimi”. Infatti non sarebbe stato sufficiente dire: “Vendi tutto quello che hai”. La cosa fondamentale è: “Vieni con me”. “Seguimi!” cammina con me, cammina dietro a me…. Davanti a questa proposta, che ci viene rivolta ogni giorno e in ogni circostanza dentro la quale la sequela si delinea anche come rinnegamento di sé e assunzione della croce, la più insidiosa limitazione non è lo scoraggiamento di fronte alla nostra fragilità o al peccato, ma la tentazione di dubitare che in quella esperienza concreta, del qui e ora, in cui si sperimenta tutto il bruciore delle proprie ferite, sia Cristo veramente ciò che manca al cuore, ciò che può compierlo. Nessuno sarebbe in grado di compiere il cammino proposto da Gesù infatti senza la consapevolezza che «a Lui tutto è possibile». La custodia del cuore aiuta a gridare col salmista: “Dio è la mia misericordia “Questa è la misericordia: noi manchiamo a Dio infinitamente più di quanto ci manchi Lui. E solo facendo esperienza, come il figlio prodigo, riabbracciato e festeggiato, di questo mancare a Dio totalmente gratuito, senza poter trovare ragioni dentro di noi, scopriamo cosa veramente ci manca cosa veramente può colmare il nostro cuore. Niceforo il solitario nel: Trattato della sobrietà e della custodia del cuore scrive: Quanti desiderate l’illuminazione miracolosa e divina del nostro Salvatore Gesù Cristo, quanti cercate di sperimentare il fuoco divino nel cuore, e vi sforzate di sentire la consolazione del perdono di Dio, e avete rinunciato ai beni del mondo per entrare in possesso del tesoro sepolto nel campo del cuore, e volete accendere gioiosamente le torce dell’anima, e, per questo, rinunciaste alle realtà presenti, e bramate conoscere e ricevere, con consapevole chiarezza, il regno di Dio presente nel vostro intimo, venite. Vi esporrò la scienza della eterna e celeste vita, il metodo. Torniamo in noi stessi, fratelli, respingendo con disgusto il consiglio del serpente e di qualunque cosa che striscia sulla terra. Ci è impossibile ottenere il perdono e l’amicizia di Dio, senza prima ritornare per quanto è possibile, in noi stessi, o meglio, paradossalmente, rientrare in noi stessi separandosi da ogni rapporto col mondo e con le sue vacue preoccupazioni, diretti alla conquista del regno di Dio che è dentro di noi. La vita solitaria è stata chiamata la scienza delle scienze e l’arte delle arti; perchè i suoi risultati niente hanno a che fare con i vantaggi corruttibili di questo mondo che allontanano la mente da ciò che è il meglio e la sommergono. La vita solitaria ci promette dei beni meravigliosi e indicibili che “l’occhio non ha mai visto, l’orecchio mai inteso, nè mai sono entrati nel cuore dell’uomo”. Per questo lottiamo “non contro la carne e il sangue, ma contro le dominazioni, le potenze, i principi tenebrosi di questo secolo
Nessun commento