Clausura

Dicono – e anche noi a volte ci diciamo – che le monache di clausura sono le uniche a non aver cambiato le loro abitudini, che non sentono differenze con il tempo vissuto prima dell’epidemia. Non sentono… anzi, forse potrebbero sperimentare i benefici di un maggior silenzio di rumori e voci esterne e percepire più chiaramente l’essenziale della loro vita, il Centro, Cristo; nella gioia di essere sole con Dio. Magari pregare meglio, con una salute protetta dall’isolamento.

Mi sono posta molte domande in merito, chiedendomi quale solitudine il Signore ci chiede di vivere. Quale solitudine sia feconda ed efficace per noi e per l’umanità… quale solitudine provoca “epidemie vitali”, contagio di santità… me lo sono chiesto.

Perché io sento diversamente. Non posso godere di un silenzio provocato dal timore, dal dolore, dall’angoscia. Per me non è silenzio. Non posso pregare come prima, e la mia vita non è abitudine, è nuova ogni giorno. Non vivo più nel silenzio, perché quello che sento è un grido incessante di chi soffre perché gli manca l’aria, perché gli manca l’amore scambiato che non si esprime più con la prossimità e che in alcuni casi non si esprimerà mai più con la prossimità.

Sento il distacco dall’umanità di cui mi faccio carico con la mia intercessione; un distacco da volti e storie conosciuti e da volti mai visti. Sento l’impegno di molti, la fede ma anche la deriva. Li sento in Cristo, non fuori dal mio centro. Non è tempo di esichia, tutt’altro. Dobbiamo restare in contatto con questa angoscia e viverla fino in fondo, in un silenzio straziante, che non è silenzio naturale… Perché diventi realmente consolazione per altri dopo aver sperimentato la consolazione di Dio nella nostra vita. E nella nostra carne. Non è la consolazione della pace dei sensi, non è una via teorica, ma la via percorsa da anime tormentate e tratte fuori dal tormento non per forza propria… piuttosto in virtù della grazia. Cosa racconteremo un giorno a chi verrà a depositare il suo carico di ricordi sofferti, di lutti, di angosce sotto l’altare, a due passi dal nostro coro? Che ogni angoscia si dissolve nell’assenza che facilita la concentrazione sulla Presenza, o parleremo dell’Incarnazione?Della scelta fatta da Cristo di sperimentare ogni dolore dell’uomo per farsi prossimo in tutto? Che il Signore possa attirarci sempre più all’incontro con lui per crescere, maturare e diventare dono trasparente di vita per gli altri!

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