
01 Set Cercare Dio
Cercare Dio
La vita monastica è un modo di seguire Gesù, di vivere il suo vangelo, di cercare di innestare la propria umanità nell’umanità di Gesù. E’ accettare l’invito di Dio di stare nei solchi di un’alleanza “altra” con Lui, di rivestirsi di Lui. E’ scegliere di non possedere beni, sentire l’assenza di altri nella propria vita intima. E’ accettare la rinuncia a decidere autonomamente su tutto. E’ la scelta di uscire dalla propria vita precedente, distaccarsi da tutto ciò che la riempiva, la legava e mettersi sulle tracce di Gesù. È un esercizio perseverante di vivere il vangelo quale carne di Cristo, umanità di Cristo con la fatica propria delle sue esigenze radicali sempre in contraddizione con il nostro naturale egoismo.
Seguimi… Tenacemente attirate da questo imperativo, entriamo al Carmelo, facciamo strada con Lui, andiamo, affondando i nostri passi nei solchi di un carisma contemplativo, mastichiamo la sua Parola dentro un quotidiano ordinario, caratterizzato dall “equilibrio instabile della fiducia” senza precisazioni, se non l’unica dichiarazione del suo amore fedele. Camminiamo, non senza inciampare, sui sentieri delle piccole cose, minime o forse invisibili, declinazione di un amore composto da piccoli affluenti di tempo, silenzi, parole, gesti continuamenti riversati nell’alveo di uma Presenza.
Inizia la trasformazione della fede….. Il seguimi si riveste di maggiore concretezza e diviene sceglimi e si intraprende la via della rinuncia intesa non come alienazione da legami, da relazioni o dalla partecipazione alla vita e alla storia ma come evangelico rinnegamento di sè, come cifra di una libertà interiore, come possibilità di rendere il pensiero, il cuore, le forze… inseparabili da Dio… come Vacare Deo. Lungo e faticoso cammino di unifcazione del cuore, capacità umile di ammettere, con onestà, l’invasione della mentalità “mondana” egocentrica e avida di ogni genere di possesso, impegno di rinnovare ogni giorno la decisione di amare l’altro, senza reciprocità, in una vita comune, possibilità di osare di permanere nella propria debolezza, di riconciliarsi con il proprio peccato.
Ad quid venisti? É la domanda che sale dal profondo tutte le volte che si fa notte dentro il cuore; quando spoliazione e distacco spengono i riflettori dell’incanto e lasciano soli di fronte alla propria maschera, al proprio personaggio ormai accartocciato in un angolo dei ricordi; quando la nudità del: “rinnega te stesso prendi la tua corce e seguimi”, non lascia spazio a illusioni e fantasticherie spingendo la nostra debolezza a marcare lo scarto tra la realtà e l’idealità; quando la sequela si esprime come seduzine violenta che non transige sul primato dell’Amore; e quando, riprendendo tutte le nostre forze e deponendo tutti i nostri brandelli interiori nelle sue mani, ripartiamo, attratte da quel seguimi, alla ricerca di quel Volto, nello sforzo incessante di rimetterci in ascolto, di comprendere meglio la chiamata, di continuare a tendere l’orecchio e ripsondere amorosamente con il grido dell'”eccomi “in cui mettiamo tutta la nostra voce, tutto il nostro cuore, tutta la nostra vita.
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