carmelitane

cammino di semplificazione

Accanto a noi “semplici” profeti

“Non ho nulla, nada, per questo possiedo tutto”: Forse la nostra chiamata sarà quella di restare a mezz’aria, sospesi tra il cielo e la terra avvolti da una presenza che ci supera, nell’attesa della sua venuta nella gloria? Sì, può essere una modalità anche con tonalità drammatiche per dire che alla fine se la nostra fede, la nostra confidenza e fiducia in Dio sono l’unico supporto è perché Lui ci condurrà con vigore e forza al di sopra di ogni nostra attesa nella dimora del desiderio: il luogo della “abitabilità” : la felicità per sempre!.  E quello che siamo chiamati a esercitare è un vero ministero di liberazione. Svuotandoci da ogni modalità che rende schiavo il nostro cuore da se stesso e dai suoi idoli, attraverso un cammino si ascolto e di semplificazione.  E’ nel silenzio che possiamo trovare il luogo adatto perché il cuore respiri e impari a muovere i primi passi verso il non-caos.

Il percorso di semplificazione, caro alla tradizione carmelitana  è strettamente legato alla purità di cuore. Il salmista ricorda “donami un cuore semplice” e sappiamo sempre da lui che questo cuore teme il Signore. Un cuore semplice va all’essenziale, a ciò che conta nella vita. Non si perde dietro vani ragionamenti, non rincorre ciò che sente in un momento, ma ama la giustizia, pratica la lealtà verso tutti, sa che la morte dei propri idoli è la porta stretta della verità.  La sfida carmelitana a non attaccarsi a niente, a non mettere niente al centro della propria vita al di fuori del Mistero che eleva lo sguardo al Dio vivente è sempre fonte di grande desiderio per ogni cuore. In questa via di semplificazione in questa purezza di cuore possiamo cogliere la sua Presenza, leggere il reale oltre le cose, acuire lo sguardo interiore fino a osservare il centro attorno a cui ogni evento si compie, amando meglio gli altri e vivere saggiamente. La sfida carmelitana consiste proprio nel sentirsi coinvolti dal di dentro a cooperare con il suo amore che ci raggiunge costantemente, nonostante, i nostri mutismi, le nostre assenze. Questo tentativo di prestare l’orecchio e mettersi in ascolto, abbassando ogni altro volume, per far spazio a Dio è il compito profetico per chi sosta sul Carmelo.

Allora come Elia possiamo domandarci: Chi Dio vogliamo seguire? Le nostre passioni? Le nostre idee? le nostre emozioni? La voglia di possedere più disponibilità economica? Avere la possibilità dei propri spazi di tempo? Gestire se stessi come si vuole senza tener conto di chi vive accanto? Oppure il nostro Dio è il Dio che ci viene incontro e ci libera dalle acque amare delle nostre schiavitù, ci trasforma sempre più nel Figlio suo, ci avvicina al suo volto. Possiamo confidare nel suo nome e sperimentare la gioia di riconoscerlo nella porta accanto!

1 Comment
  • Pingback:conoscere la propria vocazione
    Pubblicato alle 21:57h, 16 Gennaio Rispondi

    […] presenza di Dio. Verbalizzare ciò che sperimentiamo diventa poi esigenza di chiarificazione ed esercizio di semplificazione del vissuto per poter andare oltre l’esperienza prendendo consapevolezza degli eventi, elaborando […]

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