Vocazione: Grembo e vuoto

Grembo e vuoto
Tempo fa, ascoltanto l’appassionata descrizione che una giovane archeologa faceva del proprio lavoro, ho pensato a come questo possa essere una chiara metafora di ogni cammino vocazionale e in particolare del cammino monastico. Infatti, come il picchetto dell’archeologo fendendo la terra ne rivela i misteri, riesce a svelare la storia di un sito archeologico, delle civiltà che si sono susseguite o l’evoluzione di un popolo e con pazienza e minuziosità, giunge al cuore roccioso del terreno rimasto intatto, inalterato dalla storia… così il cammmino spirituale, nell’evolversi della vocazione monastica, attraverso passaggi impegnativi, faticosi e, talvolta dolorosi, percorre gli strati della storia personale portando gradualmente al cuore della propria terra, a quello strato dell’intimità ancora illeso da inquinamenti vari che inevitabilmente segnano la vita, dove diventa chiaro e inconfondibile il disegno di santità originaria ideato da Dio per noi, dove già in quello schizzo primordiale di identità è contenuta la chiamata a divenire pienezza nell’economia della libertà personale, dove, come dice s Agostino: Dio è più intimo a noi di noi stessi.
Quasi come archeologhe dell’anima, camminiamo cimentandoci nell’interessante scoperta di quell’oltre che vive in ciascuna sotto lo “strato visibile” della storia personale o degli avviluppamenti dell’anima e riconosciamo che veramente esiste un punto dove nessuno mai è entrato oltre Dio, dove la somiglianza è invariata perchè lì Dio dimora, nonstante tutte alterazioni che il terreno dell’anima abbia potuto subire e alle quali più o meno volontariamente si sottopone.
Gli scavi portano al centro, al fulcro, dove è possibile riconoscere i segni tangibili della nostra identità femmile chiamata a divenire sposa e madre nello specifico di questa vocazione. Proprio nell’alveo di questa consapevolezza scorre il nostro cammino. Siamo spose, perchè unicamente spese in un amore preferenziale per il Signore la cui fedeltà sostiente e conferma ogni giorno l’allenaza d’amore. Siamo madri perchè aperte spiritualmente al dono della vita inverato, con la forza dello Spirito, nell’offerta silenziosa, nella preghiera personale e comunitaria, nel dono di sè nascosto, nella gioia di una vita fraterna continuamente consolidata dalla ricerca dell’Unico Volto in ogni sorella e in ogni circostanza. É un impegno che percorre tutta la vita e talvolta ci vede o ci vedrà claudicanti ma il cuore della nostra chiamata è la maternità spirituale.
Nella nostra vita appartata, ci riconosciamo madri: come il grembo, non utile per la vita della donna ma necessario per donare vita, così noi siamo chiamate per stare in retroguardia in uno spazio definito, inutili sulla scena del fare ma necessarie per la vita altrui. Proprio mentre cresciamo nella coscienza della nostra pochezza, dei nostri limiti, dei nostri difetti e costatiamo il continuo agguato alle porte della nostra libertà da parte del pecccato, Gesù nell’abisso del suo amore ci ragginge, continuamente feconda la nostra esistenza con la potenza della sua Parola e allarga i picchetti della tenda del nostro cuore ad una maternità universale che rende sempre più concreto il dono di noi stesse.
Battendo il sentiero del Si ogni giorno, con più o meno vigore, scendiamo verso quel centro, quel suolo profondo dell’anima giungendo gradualemente all’incontro autentico e senza difese con la nostra nudità. Qui spetta a noi fare i conti con le cavità della nostra vita nel delicato equilibrio tra il vuoto: vissuto non come luogo di frustrazione, di scompenso affettivo, di mancanza di adeguatezza, quanto piuttosto come spazio gratuito per l’altro, e il grembo vissuto non come esigenza di iperaccudimento, necessità di essere utile, di fare per sentirsi amabili ma come capacità di promuovere spirito di adattamento, accoglienza, obiettività di fronte alle situazioni. Qui, in questo movimento tra vuoto e pieno, si snoda e matura la nostra vocazione come parto di noi stesse, con tutti dolori e il travaglio necessari e come grembo per gli altri, in grado di supportare le loro fatiche e trasmettendo la certezza della misericordia di Dio che rigenera sempre, ogni qualvolta ci si affida con umiltà e fiducia, ogni qual volta si riparte per tornare al quel disegno originario sulla vita che Dio ha pensato con amore e sacralità per ciascuno.

3 Commenti
  • annaclelia virgilio
    Pubblicato alle 17:19h, 22 Settembre Rispondi

    ormai ho preso l’abitudine di leggere sempre le vostre riflessioni, mi aiutano a capire. A volte mi sorprendo riconoscendo in esse le cose che mi dice mia figlia, la vocazione matura in alcuni cuori e suggerisce verità che non vengono studiate sui libri ma dettate dall’amore di Gesù che alberga in quei cuori.

  • laura
    Pubblicato alle 17:58h, 22 Settembre Rispondi

    ho improntato la promessa che mi lega al dono di Gesù, il santo Abitino esattamente sulla maternità in associazione al grembo verginale di Maria. un’altra volta promisi al Signore che del medesimo stato sarei rimasta preservandomi per lo sposo giusto per me. Il grembo prima culla della mia formazione, non può non starmi a cuore il prodigio della vita! Sono una donna e come tale devo farmi memoria massima di Maria, Gesù dice che sarà Sua madre chi metterà in pratica le sue parole ed io intendo farlo dal mio essere niente! Il darsi come Lui si è dato, questo mi preme, questo mi anima, sono una donna? Gli do la mia maternità! Sì, sull’esempio di Maria, sono anche una femmina che non si vergogna di offrire anche questo a suo Figlio, la femminilità come grazia dello spirito come profumo nella contemplazione, come il sorriso o le lacrime che lo vedono come Sposo, insomma amore. La vera femminilità nulla ha a che vedere con l’accezione di sensualità, è una dimensione soltanto di spirito, è la gentilezza nel cantargli l’amore, nel dargli le lodi, è quella dimensione fatta dunque di conseguenza delle più dolci tenerezze anche in gesti come quello di porgergli sul suo santo Volto la mano esile di quella creatura consapevole di valere nulla e invece si ritrova pervasa di Lui, qui c’è femminilità, messa nel silenzio del proprio spirito. Per questo Gesù ha avuto ed ha ancora tante donne ai suoi piedi!

  • Stef
    Pubblicato alle 08:57h, 29 Settembre Rispondi

    “Bisogna essere davvero vuote per lasciare entrare Dio dentro di noi” Madre Teresa di Calcutta

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