Vieni fuori!

Può la gioia e la letizia velare il volto provato dal dolore?
Quando il fallimento, l’insignificanza come sepolcro sembra stagliarsi innanzi, il grido profondo diventa invocazione e con la sua forza catalizzate irrompe nell’ Ora basta, Signore. Meglio morire che vivere... Il Signore ci domanda di salpare perché il sentiero della quotidianità su cui scrive, abbassandosi sino alla nostra esistenza polverosa è il setaccio della sua alleanza. Le pietre della condanna vanno in frantumi e il suo dito descrive a terra richiami di nuova nascita. Ci chiediamo: Quanto dura una scritta sulla sabbia? forse un leggero vento o un’onda sono sufficienti per farla sparire. Allora questo invito inciso nella polvere può bastare per mettere in gioco la mia vita?
L’uomo di sempre insegue certezze per non stare a contatto con la sua fragilità. Mancare il bersaglio non sia esperienza umiliante: tutti siamo protesi a centrare l’obiettivo. La fallibilità non è esclusa dalla capacità raggiunta e quella certa vulnerabilità salva dal sentirsi un idolo. Nella distanza tra l’arco che è nelle tue mani e il bersaglio che hai davanti esiste lo spazio d’incontro con il Vivente, luogo in cui la vita scorre. E se ti capita di essere abbattuto lasciati andare! Qualcuno su di te pronuncerà parole di risurrezione: Vieni fuori!…Scioglietegli le bende e lasciatelo andare. E’ la sua voce che ti chiama con rinnovata forza e il tuo nome esce dal sepolcro di te stesso.

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