una libertà liberata

Una libertà liberata
Scorrono i giorni al Carmelo, e si allontanano tacitamente dall’ ora nella quale ciascuna di noi, con il proprio bagaglio esistenziale, arrivò alla porta del monastero chiedendo, con entusiasmo, di iniziare, con e nella comunità, il cammino monastico. Di tanto in tanto, alcune giovani chiedono di trascorrere dei giorni di esperienza… alcune poi, come noi, si fermano… E tutte, chi prima chi poi, cominciamo con il provare a far nostri una Regola, delle abitudini, dei ritmi… uno stile di vita. Avanziamo e, gradualmente, impariamo a giocarci nell’esperienza del silenzio, nell’ amore per la solitudine, nell’umiltà di incominciare un cammino di ritorno continuo a Lui, nel  “chiedere”, nel “non fare”, nello “stare al proprio posto” lì dove Lui mi ha collocato… Soprattutto si innesca un dinamismo spirituale che ci fa procede nell’ottica del “perdere”, del farsi piccoli per entrare nel Regno, dello spogliarsi di sé per rivestirsi di Lui, del diventarGli “con-formi” nei sentimenti, nella azioni, nella stessa morte. È la logica del nascondimento: un silenzioso e schivo appartarsi per un incontro intimo, profondo, personale… Un itinerario spirituale che ci consente di compiere da ferme il nostro viaggio in cerca di Dio. È lo stile di un’esistenza vissuta nel segno dell’interiorità che si rende accoglienza pacificata e libera di precarietà e finitudine come “terreno di realizzazione” spirituale… debolezza dentro cui si può manifestare la potenza di Dio. … (cf 2Cor 12, 10). Così camminiamo… dall’ultimo salmo della sera fino all’ora ancora notturna che precede l’alba quando, immerse nel silenzio che fascia ogni cosa, da sole, in cella, cerchiamo di vegliare, di leggere, di riflettere e di pregare … e poi dentro ad ogni ora del giorno, quando la regola ci chiede silenzio o poche parole, necessarie alla carità pronunciate a bassa voce per non spezzare quel dialogo interiore proprio e altrui… così, normali e comuni donne, non senza contraddizioni, calate nel mistero … verso la semplificazione del cuore, verso l’unificazione della vita. Questa appena fatta, può sembrare una descrizione romantica, quasi poetica, idilliaca e quindi surreale di una esistenza concreta, umana qual è la nostra. Ma è proprio la vita di tutti i giorni che ci rende realiste e praticabili perché, come tutti, sperimentiamo e combattiamo sotto la nostra pelle tentazioni di ogni tipo costatando sempre un’estrema vulnerabilità e la totale e necessaria confidenza in Lui. In realtà, lentamente cambia la prospettiva. Infatti, chi più chi meno consapevolmente, quando arrivammo in monastero, avevamo forse una certa idea di noi stesse e della nostra “singolarità”, pensavamo di avere una marcia in più, di essere su una lunghezza d’onda diversa rispetto agli altri che restano nel mondo….! Via via si percepisce, con vibrazioni esperienziali, che non siamo noi a scegliere Lui, ma Lui a scegliere noi, che non possiamo vantare nessun merito se non la gratuità dell’amore di Dio che ci afferra così come siamo e ci plasma e riplasma, nel tornio del quotidiano, per renderci come ci Lui vuole. E l’icona del profeta Elia- a noi carmelitane tanto cara- si staglia alla mente come emblema del nostro cammino. Come Elia – davanti al re- pieno di autorità e potenza…“signore” delle piogge, anche noi giungiamo con tanto entusiasmo (dal greco en-theos: avere Dio dentro), e sentiamo di ardere di zelo per il Signore. Tuttavia, a noi come a Lui, arriva un momento nel quale (i tempi e i modi, però, sono di Dio per ciascuna) la Parola si pronuncia per il vero nascondimento, per la vera solitudine, per il vero deserto … per un abbandono confidente, pieno, totale, esclusivo in Dio. Elia deve dipendere da Dio per tutto, anche per la sussistenza… Anche noi, accolte nel seno di una comunità, sperimentiamo la forza della custodia reciproca ma, al tempo stesso, la precarietà della “dipendenza” completa. Ci attraversa la contraddizione… tutto ci appare ristretto, ridimensionato, rimpicciolito e al tempo stesso profondamente “su misura” , vasto, liberante; ci si sente precarie, provvisorie ma anche stabili e ricche di essenziale; si assapora a un tempo l’amarezza e la beatitudine del sola a Solo. La nostra voce cambia pian piano tonalità, anzi si diventa come afone di fronte al mistero che chiama a nasconderci in esso, a piantare la propria tenda solo in Dio, a prendere una forma nuova: quella del Figlio. Il quotidiano, scorre con semplicità e in esso si combatte la battaglia del cuore, nel segreto della cella, contro ogni fatica o tentazione, nel dialogo con Dio, nella preghiera continua, nel gemito della ricerca del suo volto e spesso nutrite solo di impotenza. La vita ci appare quale davvero è: “vaso di creta” (cf 2 Cor 4,7) ma si sperimenta la fantasia di una libertà liberata, la leggerezza di un cuore costantemente purificato, la forza di una adesione vitale a Colui che in questo cammino di morte/Vita, ci precede.

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