Dalla tradizione carmelitana

Il canto del desiderio

Fu Bernard Lonergan a esprimere la teoria secondo la quale se noi percorriamo il sentiero dei nostri desideri più profondi e li restituiamo nella veracità della loro natura, accogliendoli e elaborandoli con consapevolezza cristiana nel nostro vissuto quotidiano, passeremo il guado della metanoia. Il nostro “tendere a” e il nostro desiderare, forgiato al fuoco della purificazione e della trasformazione, ci condurranno in un cammino di umanizzazione. Gesù predicava il Regno di Dio presente già tra i discepoli, li educava ad entrare a contatto con i desideri più profondi dell’uomo, si rivolgeva ai desideri dei cuori di coloro che erano attenti alla sua Parola. Il 24 marzo la Chiesa ricorda l’Arcivescovo Oscar Romero in San Salvador, venne ucciso in una cappella carmelitana, durante una celebrazione eucaristica. Mons. Romero si era sempre distinto per essere un pastore di grande pietà e forte carica spirituale ma ebbe una vera trasformazione in coraggioso servo della Vigna del Signore quando incrocio negli occhi della sua gente il desiderio che li abitava. E proprio mentre celebrava i funerali di coloro che venivano uccisi dal potere, di quanti sottratti dall’oppressione scomparivano, comprese di non poter restare in silenzio ma di dare voce ed essere desiderio per l’escluso, l’oppresso, il debole, l’emarginato, il povero, l’afflitto, fino a dare un volto nella sua presenza carica di coraggio al santo desiderio del popolo del Salvador. Dare voce al desiderio profondo dell’uomo è parte viva della tradizione carmelitana che porta a Dio le attese e le speranze di ogni fratello e sorella principalmente attraverso la preghiera, l’adorazione e l’offerta.

In una valle sul monte Carmelo che i primi Carmelitani si stabilirono per dare voce ai loro desideri come risposta al desiderio di Dio.  Abitavano ciascuno nella propria cella, queste tutte intorno una cappella in cui ogni giorno rievocavano il desiderio di Dio per loro. Così anche le prime madri, abitate dallo stesso desiderio, seguendo la Regola dei Padri,  diedero origine a comunità claustrali, secondo le usanze del tempo, abitando uno spazio umano di accoglienza e libertà interiore di profonda spiritualità e consistenza del loro desiderio di Dio in un’esperienza carica di affezione con il Signore della vita e tra di loro. Il non disperdersi nei tanti desideri presenti nel nostro cuore ma un crescere in profondità trova guarigione e orientamento nel vivere il desiderio di Dio su di noi. Se Dio ci ha dato questi desideri, non sarà una passione inutile: Lui li colmerà.

La nostra tradizione carmelitana ha una particolare attenzione al desiderio di Dio presente nel cuore umano, spinta che orienta durante la vita a Vacare Deo. Questa ricerca inonda come un torrente in piena la nostra vita ed è la risposta, il riverbero a ciò che Dio ha desiderato per primo per noi. Lui è il primo contemplativo, colui che ha posato lo sguardo su di noi rendendoci capaci di amare e ci ha attirati a sé, irresistibilmente attratti. Al Carmelo non è consuetudine parlare di un annichilimento del desiderio, bensì di una trasformazione del desiderio: ascoltando la voce del desiderio che abita nel proprio cuore si può arrivare a volere ciò che Dio vuole attraverso una sorta di “consonanza” di desideri.  In questo giorno di festa in cui celebriamo tutti i santi carmelitani che ci hanno preceduti, possiamo anche noi scrutare il desiderio che ci appartiene, con semplicità di cuore. Nelle mie giornate, la fame che spesso mi agita ha un nome  Cerco il linguaggio a questo desiderio perché sia più che una fame saziata un dono che crea spazi di incontro con la vita?

Cfr Le stagioni del Cuore, John Welch, O.Carm.

1 Comment
  • Pingback:Lectio divina e desiderio di Dio
    Pubblicato alle 19:20h, 24 Gennaio Rispondi

    […] avesse un contatto amoroso con la Parola. In essa trovava “ristoro” il profondo “desiderio di Dio” che rendeva l’uomo capace di lasciare ogni cosa per seguire Cristo. Proprio in tale […]

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