Scrivi, o novello monaco…

Scribe, novelle monache, alphabetum istud in corde tuo, quasi in libro vitae, et per singulos dies, chartu- lam tuam inspice, et ad bonos mores assuesce. Pauca sunt verba, sed magna habent mysteria et perfecta opera. Ornant exsterius, et quietant interius. A contempu mundi et sui ipsius abnegatione incipit vita boni et religiosi monachi, et proficit usque ad contemplationem Dei.

Scrivi, o novello monaco, questo alfabeto nel tuo cuore, come in un libro di vita, ed ogni giorno dà uno sguardo al tuo piccolo scritto e abituati a viver bene. Sono brevi regole ma piene di grande sapienza e perfezione. Danno compostezza all’esterno e pace all’interno. La vita del buon religioso comincia dal disprezzo del mondo e dall’abnegazione di se stesso, e procede fino alla contemplazione di Dio.

Con queste parole si conclude un testo famoso attribuito ad un  monaco tedesco del XIV sec.: Tommaso da Kempis, noto anche per la celebre e diffusa opera: “Imitazione di Cristo”.

L’alfabeto monastico così come redatto dall’autore, riguarda una raccolta di massime spirituali per la vita del monaco redatte seguendo l’ordine alfabetico nella lingua latina. Il linguaggio e la forma possono risultare un po’ datati, tuttavia lo scritto, nel suo insieme, può essere spunto di riflessione anche per chi oggi avverte la chiamata alla sequela monastica.

Condividiamo alcune risonanze …:

—A—

Ama nesciri, et pro nihilo reputari. Hoc tibi salubrius est et utilius, quam laudari ab hominibus.

Ama di non essere conosciuto ed essere stimato da nulla; questo è per te più giovevole e più utile che essere lodato dagli uomini.

Contro la cultura dell’evidenza e della preminenza, il cammino nella vita monastica si delinea come cammino di rinnegamento evangelico, percorso di conformazione a Gesù in un quotidiano fatto di piccole e semplici cose ma pieno della costante tensione e dell’indefinibile desiderio di essere una cosa sola Dio. Riconosciamo che un tale modo di “sentire” la vita, stride con la mentalità mondana  e può urtare la sensibilità di chi, non scendendo al cuore di queste parole, può credere che propugniamo una vita di basso profilo, dalla scarsa autostima, dalla sottomissione deresponsabilizzante…. L’esperienza ci dimostra però che questo cammino fatto nella fede, con lo sguardo rivolto costantemente al Dio vivente, diventa cammino di libertà autentica, di piena realizzazione personale e leggerezza interiore. Quando l’impegno è vivere per piacere a Dio solo, ciò che ci circonda, il pensiero o la stima altrui, ci riguardano ma non ci assorbono, non ci coinvolgono, non ci stravolgono, nel bene e nel male…, ciò non significa che si diviene insensibili o che si sanno sempre incassare i colpi… anzi cresce la consapevolezza del proprio limite e delle proprie povertà, ma è proprio grazie a questa coscienza nuova che il cammino procede…, l’esigenza di configurazione a Cristo diventa sempre più profonda e il sentirsi poca cosa diventa pian piano esperienza di fiducia e abbandono.

—B—

Benevolus esto omnibus bonis et malis, et nulli onerosus.

Benevolo sii con tutti, con i buoni e con i cattivi, e a nessuno di fastidio.

Un richiamo alla beatitudine della mitezza; un’eco delle Parole di Lui che ha detto: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”.  Uno stile di vita che -mentre combatte la passività dei remissivi e l’arroganza dei presunti forti- vuole assumere, fino in fondo e- momento per momento- il criterio della carità che: tutto scusa, sopporta, non si adira, non si gonfia non manca di interesse…. Una benevolenza che nasce dalla vigilanza, dal combattimento spirituale, dalla ricerca costante e sincera dei tratti del Padre sul volto dei fratelli.

___C ____

Custodi cor tuum ab evagatione, os tuum, ab otiosa locutione, et ceteros sensus tuos sub rigore disciplinae.

Custodisci il tuo cuore dalla dissipazione e la tua lingua da ogni parola oziosa; mantieni tutti gli altri tuoi sensi sotto una rigorosa disciplina.

Un cuore dis – tratto, tirato fuori da se stesso…. un cuore decentrato si disperde, si confonde, si ubriaca nel vortice delle parole e delle cose… Ma ancora la Parola ammaestra e guida: «beati quelli che ascoltano» (Lc 11,28). Beati quelli che si dispongono a crescere nell’umiltà, nel ridimensionamento di sé, che si aprono alla voce dello Spirito e si dispongono al discernimento. Qui il tema di fondo è la libertà interiore da acquisire giorno per giorno: acconsentire cioè a essere se stessi per la Grazia, prendere sul serio il fatto che non si possono servire due padroni, e che l’alternativa all’obbedienza a Dio, è l’asservimento agli idoli! Custodire il cuore: stare costantemente nella disposizione a lasciarsi plasmare dallo Spirito  che porta- pian piano- al decentramento del proprio «io» a favore dell’«io» di Cristo, che suscita nell’intimo la preghiera, che guida alla necessaria lotta, che orienta l’opera di unificazione  interiore nell’obbedienza al comando nuovo dell’amore: «Amatevi come io vi ho amati» (Gv 13,34).

—K—

Carissimos reputa amicos et patronos, qui te premunì et vituperane Si enim recte sapis et consideras, lucrum inde acquires; nani prosunt tibi in bono, qui obsunt in malo.

Carissimi tuoi amici e protettori stima quelli che ti biasimano e ti infastidiscono. Se tu, infatti, ben lo consideri e l’apprezzi, ne caverai gran profitto perché ti giovano nel bene, quelli che ti ostacolano nel male.

—N—

Neminem spernas, nulli noceas, afflicto condoleas, egeno subvenias, et nunquam te exstollas.

Non disprezzare e non far male a nessuno, compatisci chi soffre, soccorri che è bisognoso, e non esaltare mai te stesso.

Anacronistici e paradossali agli orecchi di molti, questi punti dell’alfabeto rispecchiano la verità profonda del cammino di fede, di ascesi, di purificazione del cuore che intraprendiamo nella vita monastica. Ancora una volta non si tratta di frustrata rassegnazione o- peggio- di sublimazione difensiva di fronte ai possibili fastidi o abusi altrui… Ciò che ineludibilmente contrae o comprime la nostra esistenza dentro perimetri, (per la nostra sensibilità definibili innaturali)- talvolta occasionali, altre volte perpetuate dalle inevitabili differenze individuali- nel cammino spirituale serio e autentico, è accolto,  sì con la legittima ripugnanza della natura, ma con lo sforzo, sia di andare nel profondo dell’altra per riconoscere i suoi disagi, le sue paure, le sue momentanee o permanenti difficoltà – e quindi cum-prendere- ma soprattutto con la certezza di fede che non si muove foglia che Dio non voglia e quel che Dio permette a riguardo nostro è espressione di “un amore di preferenza”,  è metodo e possibilità per operare, con l’aiuto della Grazia, quella trasformazione interiore, quel passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo…., quella evoluzione del cuore di pietra in cuore di carne, quella assunzione evangelica dei sentimenti di Lui, la conformazione a Lui: l’opportunità per dire con S Paolo : “non son più io che vivo, Cristo vive in me: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”( Gal 2, 19-20).

—D—

Dilige solitudinem et silentium, et invenies quietem magnam et conscientiam bonam. Ubi enim multitudo, ibi frequenter strepitus, et magna distractio cordis est.

Della solitudine e del silenzio sii tu amante, e vi troverai grande pace e coscienza pura. Infatti dove è molta gente, molto spesso si fa chiasso e vi si trova grande distrazione di cuore.

_ R_

Revertere cito ad interiora cordis tui, et claude ostium oris tui, ne vagari incipias per varia desidera mundi, consilio diaboli. Nocent enim mala audita, tentant pulhra visa, turbant illata vituperia. Recede ab homine iracundo, indocto et dissoluto, et mane in silentio cum Deo tuo.

Rientra presto nell’interno del tuo cuore, e chiuditi nel silenzio per non cominciare a divagarti nei vani desi deri del mondo per suggestione del demonio. Fanno male, infatti, le co se cattive che si ascoltano, allettano le vane bellezze, turbano i biasimi riportati.
Sta lontano dalle persone colleriche, ignoranti, e dissolute, e resta in silenzio col tuo Dio.

Una vita che conduca in profondità…, che possa far arrivare a Dio. Quanto più cresce la questione della ricerca di “Dio” in noi, tanto più si sperimenta la necessità del silenzio e della solitudine. E la cella, luogo di raccoglimento, di silenzio e solitudine, ti obbliga a non vivere in superficie ….I giorni si sviluppano verso un’unica tensione…. Il respiro  di ogni azione o parola orienta verso un’unica consapevolezza: quanto si è disposti a spendere la vita alla ricerca di Dio.

E—

Elige paupertatem et simplicitatem, et paucis sis contentus et non facile murmurabis.

Eleggiti la povertà e la semplicità e contentati di poche cose; così non mormorerai facilmente.

Il nostro sogno quotidiano: cercare, semplicemente, di essere fedeli alla nostra vocazione monastica, senza preoccupazione per il futuro. Cerchiamo di essere fedeli al Vangelo passando attraverso le nostre deboli e fragili realtà personali. Monache carmelitane dei tempi moderni, desiderose di non essere visibili e attente, come ci ricorda papa Francesco, a non cadere succubi di una certa onorabilità mondana…. Sobrie e vigilanti!

Il nostro obiettivo è imparare a «dilatare il cuore». Attraverso la fedeltà alle regole, impegnarci continuamente a rinunciare ai nostri idoli, compresi quelli spirituali, per amplificare il nostro cuore partendo dalla considerazione ragionevole e oggettiva della nostra precarietà personale, dei nostri limiti, della nostra natura limitata con la quale Dio incarnandosi ci riconcilia.

—- F —

Fuge homines et saeculi rumores, quia non potes satis esse Deo et hominibus, aeternis et transitoriis.

Fuggì gli uomini e le vane notizie del mondo, perché non puoi attendere ugualmente a Dio e agli uomini, alle cose eterne e alle transitorie.

La nostra vita monastica carmelitana si sviluppa come risposta totalitaria alla chiamata di Dio. A fondamento si suppone la capacità di partire per cercare Dio affidandosi al progetto che egli ha su di noi. Ciò implica lasciare il mondo e consegnarsi completamente al Signore, per imparare a servirlo all’interno di un monastero nella preghiera, nel lavoro, e a cercarlo insieme con le sorelle nell’aiuto reciproco, nella carità vicendevole , nel dono del silenzio e nel rispetto di una solitudine abitata solo da Dio.

—G—

Gratias age Deo semper corde et ore, qualitercumque tibi succedit, in gravamine et dolore; nam Deus omnia provide dispensar in mundo vero et recto judicio ab aeterno.

Grazie rendi sempre a Dio col cuore e con la lingua,  per qualsiasi cosa ti succeda di spiacevole e doloroso; perché Dio tutto dispone saggiamente nel mondo con vero e retta giudizio fin dall’eternità.

Direbbe il gesuita Jean Pierre de Caussade nel trattato “L’abbondono alla divina Provvidenza”:

«Non c’è niente di più generoso di un cuore che ha la fede, che sa scorgere la vita divina nei travagli e nei pericoli più mortali. Anche se si dovesse inghiottire del veleno, esporsi sulla breccia, fare da schiavo a degli appestati, si trova in tutto ciò una pienezza di vita divina che non si dà soltanto a goccia a goccia, ma che in un istante inonda l’anima e la sommerge».

In effetti, la vita monastica nella sua essenza è una palestra nella quale impostare, rinforzare, rinvigorire la nostra vita di fede. Un continuo allenamento a” sollevare lo sguardo”, a vedere tutto quello che avviene nell’anima, nel corpo, nei diversi avvenimenti, con lo sguardo di Dio, a cercarlo in ogni cosa, persona, situazione…., a desiderare e impegnarsi affinché la sua e la nostra volontà, coincidano.

—H—

Humilia te in omnibus et sub omnibus, et mereberis gratiam ab omnibus. Eris quoque Deo acceptus, et hominibus dilectus, et diabolus a te fugiet citius propter humilitatis virtutem sibi valde contrariam.

Umiliati in tutte le cose e a tutti, e meriterai da tutti la benevolenza. Sarai inoltre gradito a Dio, e caro agli uomini, e il demonio fuggirà subito da te per la virtù dell’umiltà che gli è contraria.

Quando il cammino si intraprende con serietà e fermezza, succede che giunga la coscienza della propria piccolezza, della propria condizione di debolezza davanti a Dio, arrivando a essere sinceramente e profondamente convinte di non essere migliori di nessuno, questo non con sentimenti di frustrazione o rivalità, anzi intuendo, di volta in volta, di essere amate dal Signore gratuitamente, proprio perché senza merito alcuno, tale da farci attirare a sé e desiderare la nostra risposta d’amore. Diventa un cammino di libertà e verità che rende visibile ai nostri occhi il poco, anzi il niente che siamo davanti a Lui e rafforza nella certezza della bontà di Dio che sa di cosa siamo impastate ma non si pente di averci scelte; “Perché i doni e la chiamata  di Dio sono irrevocabili. (Rm 11,29). L’atteggiamento fondamentale della carmelitana è mettersi a disposizione di Dio, interamente. Fattivamente questo significa essere vivere con distacco da sé e abnegazione, cercare di condurre, con l’aiuto della Grazia, una vita di immolazione nella gioia di essere completamente disponibili alla volontà di Dio.

___ M _____

Magnum donum Dei est pauperem esse in hoc mundo propter Christum, et infimum tenere locum. Magna superbia altum petere gradum. Ad alta semper diabolus suadet: honores ambire, fugere despectum, ut cadat ascensor eius retrorsum, cum ad breve domina-tus fuerit pauperum. Minima dona prò magnis reputa, et eris dignus majora accipere.

Molto gran dono di Dio è l’essere povero in questo mondo per amore di Gesù Cristo ed occupare l’ultimo posto. E’ grande superbia aspirare a posti elevati. E’ sempre il diavolo che tenta a bramare le altezze; ambire gli onori, ricusare uffici umili, affinché chi è stato da lui innalzato ricada in basso umiliato, dopo che per breve tempo avrà dominato sugli umili. Stima sempre grandi i piccoli benefici, e sarai degno di riceverne maggiori.

—Z—

Zacchaee frater, descende de altitudine saecularis scientiae : veni et disce in schola Dei viam humilitatis, mansuetudinis et patientiae, per quam possis, Christo docente, ad aeternae beatitudinis gloriam secure pervenire. Amen

Zaccheo, fratello mio, discendi dalle altezze della scienza umana; vieni e impara alla scuola di Dio la via dell’umiltà, della mansuetudine, e della pazienza, mediante la quale, ammaestrato da Cristo, tu possa con sicurezza conseguire la gloria e la felicità eterna. Amen.

Piantata, come umile seme, nel solco del Carmelo, la carmelitana è condotta, giorno dopo giorno, dalla Grazia verso un cammino di trasformazione. Partendo dalla povertà individuale- sempre più pacificamente riconosciuta e accettata- si trova a poco a poco immessa in un processo di conformazione graduale e profonda alla persona e ai sentimenti di Gesù. Si accorge che, quanto più si lascia guidare dallo Spirito, tanto più si ritrova guarita interiormente, sempre più purificata, innestata nell’esperienza di Kenosi di Cristo, di offerta nella preghiera, di esistenza eucaristica, di ascolto e meditazione della Parola …., perché il mondo abbia la vita ma ancor più trasformata nell’intimo per essere offerta gradita all’Amore. Un lento procedere dentro un cammino di umiltà che ci fa appurare che nulla di ciò che il mondo può offrire è paragonabile al dono di una chiamata a stare con Dio. Può succedere forse di cadere nella tentazione di ambire i primi posti o ricusare lavori pesanti, perché siamo tesori in vasi di creta  ma l’impegno a fissare lo sguardo nell’Amore, a guardare il mondo con i Suoi occhi, a credere, e avere fiducia nella sua tenerezza, sono passi che ci inoltrano nell’esperienza di un cuore libero da tutto ciò che non è Lui e proteso solo a ricevere l’abbondanza del suo Amore.

 

_I_

In omni opere tuo habeas intentionem puram ad placendum Deo, qui inspector est cordis, et diligit justos et puros.

In ogni tua azione abbi la retta intenzione di piacere a Dio, il quale scruta i cuori e ama chi è giusto e puro.

___ P ____

Primum semper quaere in opere tuo an Deo placeas vel displiceas; nec timore vel amore age contra conscientiam tuam. In dubiis ad scripturam et oboetien-tiam Praelati tui recurre, nec tibi ipsi nimis confidas. Prius disce tacere, quam loqui: potiusque velis instrui,quam docere; tutius est enim velie latere quam apparere.

Prima di tutto ricerca sempre se nel tuo operare piaci o dispiaci a Dio, e non agire mai contro coscienza sia per timore che per amore. Nei dubbi consulta la S. Scrittura e rimettiti all’obbedienza del tuo Superiore, e non confidare troppo in te stesso. Impara prima a tacere che a parlare; preferisci essere istruito, piuttosto che insegnare; è più sicuro infatti voler stare nascosto che comparire.

Con la chiamata alla vita monastica su ciascuna di noi, in modo unico e irripetibile, è risuonata la voce di Dio che ha detto: “Tu sei mia figlia, io ti amo e voglio trovare compiacimento, gioia in te, in tutta la tua vita”. Così, passo dopo passo, tutta la nostra esistenza , si svolge dentro ad un movimento, una dinamica…. una lotta per entrare e restare in una vera e profonda comunione con Dio. Tutta la nostra giornata si scandisce come un continuo esercizio per dimorare alla sua presenza, stare con Lui, per piacergli…. per sviluppare nell’ascolto di “una voce di un silenzio trattenuto” (Cf1Re 19,12) la purezza, l’umiltà, la verità di un’anima che  accoglie e celebra il canto di Dio per lei : “Tu sei mia figlia, ti amo, voglio gioire in te!”.

—L—

Labore et dolore cum gemitii et fletu acquiritur regnum Dei; deliciis et honoribus perditur Paradisus.

Lavorando e soffrendo con gemiti e lacrime si acquista il Regno di Dio; con i piaceri e gli onori si perde il Paradiso.

Nel cammino di Perfezione Santa Teresa invita la carmelitana a ricusare con tutte le proprie forze ogni forma di onore. Nel Cammino di perfezione così scrive: “Non intendo già per distacco la semplice entrata in religione, perché vi possono essere ostacoli che l’impediscano: l’anima perfetta può essere umile e distaccata in ogni luogo, benché l’ambiente sia sempre una gran cosa, e le difficoltà siano maggiori più in un posto che in un altro. Ma dove regnano punti di onore e attacco ai beni terreni – difetti che possono trovarsi tanto fuori che dentro i monasteri, benché l’occasione sia quivi minore e maggiore la colpa se vi allignano – credetemi, dove regnano questi difetti, non si arriverà mai al pieno distacco, né a godere il vero frutto dell’orazione, neppure se nell’orazione, o meglio, meditazione, si trascorressero molti anni” (Cammino, ed. Valladolid, cap. 12). Il cammino per la carmelitane si sviluppa come continuo allenamento a rendere il cuore puro, a tenere lo sguardo su Gesù mite e umile di cuore, a meditare la sua Parola nel silenzio e nella solitudine, notte e giorno. Quando si procede in questa direzione cercando Gesù e il suo Regno, tutto il resto perde consistenza, valore, peso ai nostri occhi. È il lavoro di tutta una vita che si riconosce amata e tende sempre più liberamente e amorosamente verso l’Amore !

— O —

Omne tempus cum Deo utiliter expendas; nihil enim pretiosius tempore, in quo premereri potest regnum Dei in perpetuum. Omnibus ‘ quoque te amabilem, benignum et affabiiem sine animi dissolutione exibeas. Omnia bona tua ad laudem Dei referas, et sine consilio et deliberatione nihil facias.

Ogni tuo momento impiegalo utilmente con Dio; poiché nulla è più prezioso del tempo in cui si può meri- tare il Regno eternodi Dio. Mostrati con tutti cortese, benevolo ed affabile senza debolezza d’animo. Riferisci alla gloria di Dio ciò che hai di buono, e non fare cosa alcuna senza prudenza e riflessione.

—X—

Christus sit vita tua, lectio tua, meditatio tua, locutio tua; ipse desiderium tuum, tota spes tua et merces tua. Si aliud quaeris, quam pure Deum, damnum patieris, laborabis, et requiem non invenies.

Cristo sia la tua vita, l’oggetto della tua lettura, della tua mediazione e dei tuoi discorsi; sia egli l’oggetto delle tue brame, tutto il tuo guadagno, la tua speranza, la tua ricompensa. Se cercherai altro all’infuori del solo Dio, ne avrai gran danno, soffrirai, e non troverai riposo.

Si narra nei detti dei Padri del deserto che Abba Giuseppe di Panefisi ricevette il monaco Lot, che gli chiese: «Abba, io celebro come posso la mia liturgia, faccio digiuno, prego, medito, vivo nel raccoglimento, cerco di essere puro nei pensieri. Che cosa devo fare ancora?». Il vecchio, alzatosi, aprì le braccia verso il cielo e le sue dita divennero come fiamme: «Se vuoi», gli disse, «diventa tutto di fuoco».

Non c’è altra attrazione, non c’è altra ambizione che possa animare la giornata della carmelitana. Il silenzio, la solitudine, la preghiera, per ricevere forza e aiuto nella lotta quotidiana contro ogni forma di mondanità, imparare a fissare – in modo sempre più incisivo e permanente – lo sguardo su Cristo Crocifisso; lasciarsi incontrare dal suo sguardo,  invadere dal suo amore forte ed esigente, plasmare nei modi più inconsueti dal soffio dello Spirito che fa nuove tutte le cose …. stare con il Padre, nel suo abbraccio di misericordia che ogni giorno ci attende per ricominciare.

 

—S—

Sobrius esto in victu, modestus in vestitu, providus in verbis honestus in moribus, maturus in consilio, fortis in adversis, humilis in prosperis, gratus prò beneficiis, hilaris in despectibus, patiens in doloribus, discretus in omnibus agendis.

Sii sobrio nel mangiare, modesto nel vestire, prudente nel parlare, corretto nei costumi, maturo nelle decisioni, forte nelle contrarietà, umile nelle circostanze felici, grato per i benefici, lieto nei disprezzi, paziente nel dolore, moderato in tutto quello che devi fare.

Sperimentiamo di giorno in giorno come la nostra esistenza si sviluppa nella tensione appassionata verso un rapporto con Dio sempre più autentico, profondo, reale… concreto. Lui fa sempre il primo passo, si avvicina alla nostra vita servendosi anche dei più piccoli dettagli trascurabili …. La nostra docilità alla sua voce e il processo di conformazione a Lui, crescono nella libertà di una risposta essenziale, sobria, vigilante. Senza pretese…, senza assecondare le proprie preferenze…., la nostra vita si muove dentro un processo di decentramento da sé, di equilibrio, di distacco da tutto ciò che non è Dio o che non porta a Dio. La bellezza e bontà di ogni cosa creata, apprezzate ed amate tuttavia distolgono sempre meno la mente  e il cuore dal ricordo di Lui, dalla attenzione alla sua Presenza, dal pensiero di essere gratuitamente poste in una solitudine abitata nella quale tutto è dono e grazie alla quale ci è possibile sgomberare il campo da ogni zavorra materiale, psicologica, relazionale che appesantisce, che limita, che ripiega … che ci allontana da quella somiglianza originaria con Dio Trinità  a cui immagine siamo fatti.  È proprio l’esercizio nelle piccole cose che ci abilità alle grandi.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti.  Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?  E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». (Lc 16,10-13)

—T—

Time Deum offendere in minimis negligentiis et defe- ctibus tuis. Noli praesumere in bonis nec desperare in adversis. Timor Dei facit recedere a peccato, et sollicitat in bono opere, ut bonum bene fiat.

Totum te Deo committe, et quod tibi est grave, fiet tibi portabile. Fax tua in patientia multa; levis est enim omnis tribulatio prò vita aeterna.

Temi di offendere Dio con le tue più piccole negligenze o difetti. Non ti inorgoglire per le circostanze favorevoli, e non perderti d’animo per quelle contrarie.
Il timore di Dio tiene lontano dal peccato, e stimola a fare il bene e a farlo con perfezione. Affida tutto te stesso a Dio, e così quel che è gravoso ti diverrà leggero. La tua pace è riposta in una grande pazienza, poiché qualunque tribolazione è lieve a confronto della vita eterna.

L’ha detto Lui: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,34). E questo è anche il nostro pane: vivere facendo la volontà del Padre. Abbandonarci concretamente a Lui nell’esperienza di un’obbedienza filiale che passa dentro una quotidiana abnegazione, che si gioca nel diuturno esercizio di consegna della propria volontà, che si esprime  nella docilità all’autorità , alla comunità, alle circostanze… Dipendere da Dio dà un senso di fiducia grande e porta pian piano verso l’assimilazione dei sentimenti di Gesù quando dice : “Faccio sempre le cose che sono gradite al Padre” (Gv 8,29).

—V—

Vende Deo omnia comoda tua et dabit tibi solatia meliora, adveniente gratia, in una hora. Nemo ditior eo, qui se et omnia sua Deo dedit, et Christum amando emit, qui mundum Cruce redemit.

Vendi a Dio tutte le tue soddisfazioni, ed Egli inviandoti la sua grazia, in un sol momento ti darà consolazioni maggiori. Nessuno è più ricco di chi ha donato a Dio se stesso e tutte le cose sue, e che amandolo ha conquistato Cristo, il quale con la croce ha redendo il mondo.

Un antifona  alla liturgia delle ore così ci fa cantare: “In sincerità e gioia, mio Dio,
offro a te tutti i tuoi doni2.
  Nella verità di un quotidiano semplice la nostra vita, lieta ma esigente, è spazio totale di offerta, è lasciare che il Signore comandi nella nostra esistenza, lasciargli il controllo, abbandonarci a lui, rinunciare al nostro “io”. Ecco l’olocausto; è l’olocausto dell’io a cui tendiamo; bruciarsi, consumarsi per amore . Quello è il sacrificio, l’olocausto dell’io vecchio perché possa rinascere l’io conforme a Cristo, come indica la Lettera ai Romani:

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono e a lui gradito (Rm 12,1).

Y_

Hymnos et psalmos canere Monachorum opus est et clericorum, quibus conguadent angelorum chori, laudantes Deum jugiter in regno caelorum. Servire carni, mors animae, cibus vermium, nidus daemonum, vita pecorum, fomes morborum, corruptio corporum, inquinatio morum, perditio bonorum, acquisitio multorum malorum et dolorum. Servire Deo beatitudo animae, sanitas corporis, prudentia spiritus, vita caelestis. Dolces hymnos Deo cantat qui in tribulatione sua Deum semper laudat. Initium et finis omnis boni religiosi est Deum corde amare, ore laudare, et fratrem suum exemplo aedificare.

Inni e salmi ha il dovere di cantare il monaco e il chierico, ai quali con gioia rispondono i cori degli angeli, che lodano Dio continuamente nel regno dei cieli. Servire la carne porta con se la morte dell’anima, rende cibo dei vermi, nido di demoni, esempio di vita, bestiale, ricetto di malattie, corruzione dei buoni costumi, distruzione di tutti i beni, ed è causa di molti mali e dolori. Servire Dio è felicità dell’anima, sanità del corpo, prudenza dello spirito, vita celeste. Chi loda continuamente Dio nella tribolazione, gli canta un dolce inno. Il principio e la fine di ogni buon religioso è questo: amare Dio col cuore, lodarlo con la lingua, edificare col buon esempio il proprio  fratello.

Dice  S. Gregorio Magno: “Quando il canto della salmodia risuona dalle profondità del cuore, il Signore onnipotente trova per esso una via di accesso ai cuori, per inondare colui che protende tutti i suoi sensi ad ascoltarlo, dei misteri della profezia o della grazia della contrizione”. (Om in Ez I, 15 )

Tutta la nostra giornata è scandita dal ritmo della preghiera, personale e liturgica. E’ un processo ininterrotto per immergerci nell’esperienza di Dio; un dinamismo che può e deve farsi- ogni girono- più consapevole della compenetrazione reciproca che esiste tra interiorità e attività; un costante invito- alla coscienza di ciascuna- a vivere per l’Unico necessario. La nostra vocazione, infatti, non si esprime nello svolgere un’attività pastorale o manuale, quanto in un’opera interiore che culmina nella preghiera personale, liturgica, sacramentale ed è nutrita dall’insieme delle opere monastiche, tra le quali, occupa il primo posto, la “regolare” frequentazione della Parola di Dio. In questo movimento si dipana il cammino verso l’interiorità non privo di lotte e cedimenti ma luogo dell’incontro con il Signore e, per questo, grembo fecondo per la vita e l’incontro con gli altri.

 

 

 

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