Avanzare senza miracoli

Avanzare senza miracoli
Abitiamo un quotidiano ricco di cromature. Pennellate di luce irradiano il volto quando lo sguardo si ferma deciso su Dio. Frammenti di speranza colorano le nostre condivisioni quando coltiviamo progetti di Vita. Gocce di fraternità cadono nei solchi della comunione quando poniamo gesti di dedizione. Non mancano neppure sfumature di grigio quando il dolore morde il cuore, quando la gioia cede il passo alla stanchezza o quando l’amor proprio si traveste di zelo…. Circuiti di energia che alimentano uno stile di vita non lasciato all’improvvisazione, né alla mercé di emozioni svendute. Un procedere lento sui passi della fede, un avanzare senza miracoli, senza eccedenze, non eclatante, non spettacolare, spesso figlio di contraddizioni o di cadute ma sempre al vaglio della Parola a cui la fede maternamente invia e che nel profondo così risuona: “Che fai qui Elia”? (1RE 19,21). Come un richiamo intimo che può sorgere anche al cuore del peggio se la vita si allena ogni giorno sui sentieri della fede. Come una scintilla che può accendersi anche in fiumi di lacrime se il cuore si addestra all’ascolto. Come una sorgente che può scaturire dal deserto se lo spirito si abbandona alla preghiera. E ci si accorge che puntualmente, come ad Elia, Dio fornisce anche a te nutrimento per il cammino: ogni giorno quel tozzo di pane, quel sorso d’acqua necessari e il tocco di una Presenza che rinvigorisce, ritempra e permette di riprendere la strada. … Ogni giorno, nella gioiosa fatica della fede, una Presenza fonte di speranza, non risposta puntuale alle richiesta ma disegno globale, progetto di pienezza. Ogni giorno procedere nell’esperienza della fede e scoprire che al cuore di ogni sofferenza, dolore, fatica o perché, più che in altro luogo, affiora la punta acuta e fragile della speranza che non delude.  La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. (Rm 5,5) Si comprende allora che le grandi cose sono semplici, e la vera vita di fede è la più semplice di tutti. L’anima si impiglia in un laccio divino, rimane fissata nella gioia dell’amore e una pace inspiegabile invade il cuore. Si continua a cadere, fallire, sbagliare. Le debolezze rimangono evidenti ma paradossalmente, divengono via evolutiva, matrici di umiltà, fiamma che purifica e trasforma il cuore. È “l’abisso che chiama l’abisso” (Salmo 42).Come al crocevia tra due infiniti: l’ infinita misericordia di Dio e l’infinità della propria miseria  che umilmente invoca:
  «Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole» (Sal 5,2). Sei venuto non soltanto per aver pietà del tuo popolo Israele ma per salvare tutte le nazioni…, non soltanto per restaurare una parte della terra, ma per rinnovare il mondo intero. Dunque «porgi l’orecchio alle mie parole, Signore»… Non rifiutare la mia supplica come indegna; non respingere la mia preghiera. Non chiedo oro né ricchezze… Ma poiché desidero la compassione, grido senza tregua: «Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole».

        Israele ha goduto dei tuoi beni; anch’io sperimenterò i tuoi benefici. L’hai condotto fuori dall’Egitto; tirami fuori dall’errore; l’hai riscattato dal Faraone; liberami dall’autore del male. L’hai condotto attraverso il Mar Rosso; conducimi attraverso l’acqua del battesimo. L’hai guidato con la colonna di fuoco; rischiarami con il tuo Spirito Santo. Israele ha mangiato il pane degli angeli nel deserto; donami il tuo Corpo Santissimo. Ha bevuto l’acqua della roccia; dissetami con il Sangue del tuo fianco. Israele ha ricevuto le tavole della tua Legge; incidi il tuo Vangelo nel mio cuore…

        «Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole; intendi il mio lamento.» Grazie a tale lamento, Mosè ha trovato nella creazione un’alleata per il tuo popolo [nel Mar Rosso]; grazie a tale clamore Giosuè ha frenato il calar del sole (Gs 10,12); grazie a tale grido, Elia ha reso sterile le nubi del cielo (1 Re 17, 1); grazie a tale pianto Anna ha dato alla luce un figlio contro ogni speranza (1 Sam 1, 10). «Signore, ascolta la voce del mio grido».

        Proclamo la potenza assoluta del Padre e la mediazione del Figlio, il suo invio nel mondo e la sua obbedienza. Il Padre siede per sempre, e tu hai «abbassato i cieli e sei disceso» (Sal 28,18; 17,10)… Nel Giordano hai ricevuto la sua testimonianza. Chiamando Lazzaro fuori dal sepolcro, hai reso grazie al Padre…, moltiplicando i pani nel deserto, hai alzato gli occhi verso il cielo e hai detto la benedizione. Quando sei stato appeso alla croce, lui ha ricevuto il tuo spirito; quando sei stato deposto nel sepolcro, ti ha risuscitato il terzo giorno. Tutto questo grido nella mia preghiera; questo proclamo in eterno.
Omelia anonima del 4° secolo
attribuita a san Giovanni Crisostomo; SC 146, 67

1 Comment
  • Laura Chiara
    Pubblicato alle 17:43h, 19 Febbraio Rispondi

    è vero…la speranza non delude mai, perché porta il più bel nome che da sempre accompagna la mia vita, Gesù!
    Immaginando di averLo davanti e scavando in fondo alla mia anima trovo queste parole che lessi per caso una volta impresse su un’immagine che Lo raffigurava: Tutti potranno deluderti, ma Io, Io no! è come un ricordare di non smettere di sperare perché prima o poi quando abbiamo già dimenticato di un giorno che chiedemmo qualcosa in preghiera arriva la nostra risposta ecco il motivo per cui si rimane senza parole nel costatarne l’immensa grandezza in un momento vista nell’avere realizzato quanto ci ama.
    Anche io spesso mi sono trovata in momenti in cui ho elevato gridi di sconforto, e a desiderare di connettermi spiritualmente al cielo per fuggire la terra, a volte anche ora ho bisogno di ciò , anzi forse di più maggiormente che si è scatenato un mondo dentro di me che non conoscevo e a volte mi affliggo pensando che tanto ciò che vivo non prenderà mai corpo, sì quante volte ho implorato Dio di venire in mio aiuto e allora per non cadere in tale tentazione elevo preghiere su preghiere, canti su canti e poi mi abbandono a conversazioni con Lui sempre che sanno di continua preghiera pur parlando come si parla fronte a fronte con qualcuno ma io so che quel Qualcuno porta il nome di Gesù!
    Mi sono tante volte tormentata con infiniti sensi di colpa che possibilmente non c’entravano con me, ma io me li prendevo per cercare in qualche modo di espiare anche le colpe altrui quando ci fossero state, sì, perché questo mi parlava del sacrificio che volevo compiere facendo memoria del sacrificio d’amore del mio Gesù.
    e poi magari fallivo così mi torturavo per questo e subito sentivo come se dentro di me Lui mi dicesse: Basta tormenti, amami come sei!
    Così ora i dolori li sfogo nel silenzio li elevo solamente in preghiera offrendoli a Lui magari ascoltando ogni sfumatura del creato!
    Leggendo quelle citazioni mi sono vista e, riconosciuta nei momenti più dolorosi della mia vita che, ora ho posto nelle sue sole mani!

Aggiungi un commento