combattimento e contemplazione

Combattimento e contemplazione
Che cosa diventa una vita se s’innesta nel “dinamismo stabile” della Parola e da questo lascia che fluisca l’esperienza della contemplazione?

Una comunità monastica è riconosciuta per un certo stile di vita incentrato nella preghiera: in questa preghiera trovano ampio spazio il silenzio calmo ma robusto che si forgia in un intimo lavorio e poi pervade l’esistenza, la Parola meditata che fa scendere la vita, per così dire, nella “bottega del Vasaio”, perché venga plasmata al tornio dello Spirito e si modelli secondo l’originaria bellezza: Questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore:  «Prendi e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola» Ger 18,1-2)…, la salmodia che raccogliendo lode, supplica, angoscia, lamento, ringraziamento, dolore…. ritma le ore e ci fa voce della Chiesa. La preghiera sta al cuore della vita monastica, esprime l’anelito a radicare l’esistenza nell’Unico necessario (cf. Lc 10,42), è acqua di sorgente, vita nuova secondo il vangelo, forza che illumina, con la fiducia della fede, ogni ora, ogni passo, ogni “notte” e dona la certezza che, come ha scritto S. Bernardo, “la sorgente dà sempre molto di più di quanto basti all’assetato”.
Ma come avviene questo serio, lento, impegnativo, doloroso lavorio? Quale il crogiuolo della trasformazione? In primis? Diventare consapevoli di noi stesse. Affrontare un profondo e radicale processo di maturazione umano e spirituale. Una strada? L’osservazione dei propri bisogni e delle proprie passioni… quello che i monaci del deserto chiamano logismoi: pensieri che ci attaccano dall’interno, ci bloccano, ci fanno deviare dalla ricerca e dall’incontro con Dio. Un’esperienza? Il combattimento spirituale. San Bernardo, ricordando il testo paolino: «lotto, ma non come chi batte l’aria … », esclama: «Questa è veramente la tromba della milizia, queste sono le parole di un capitano coraggioso che lotta valorosamente» (Sermone per la Festa di Tutti i Santi, 2,2). Quali i desideri disordinati?
• Desideri disordinati del cibo: golosità.
• Desideri disordinati del piacere sessuale: lussuria.
• Desideri disordinati dei beni materiali: avarizia.
• Desideri insoddisfatti e reazione attiva davanti alla frustrazione che ne deriva: ira.
• Indebolimento del desiderio o trascuratezza nei confronti di Dio e delle cose spirituali: accidia.
• Desideri disordinati di apparire e di emergere: vanagloria.
• Desideri disordinati della propria eccellenza: superbia.
I desideri, come espressione di una carenza, soggiacciono ai sentimenti, muovono l’affettività e questa, a sua volta, suscita pensieri passionali. I pensieri, chiudendo il cerchio, possono incentivare i desideri. Allora può accadere, per esempio, che un pensiero disordinato di vanagloria, causato da un desiderio frustrato di stima, possa generare un desiderio di mormorazione e siamo già in piena guerra. Il combattimento contro i pensieri passionali è, allora, una lotta contro i desideri disordinati che soggiacciono a questi pensieri, caricati di passione. Un cammino? Abnegazione, mortificazione, umiltà: spogliarsi di sé… Rinascere dall’alto: Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). La tensione? Il desiderio fondamentale di Dio che ci spinge, ci orienta, ci fa protendere alla purificazione e all’unificazione del cuore. Scrive sempre Evagrio: «Al momento delle tentazioni è necessario non abbandonare la cella, per quanto validi siano i pretesti che ci vengano in mente. Anzi, bisogna restare seduti all’interno della cella, essere perseveranti (hypomoné) e ricevere coraggiosamente ciò che ci assale, specialmente il demone dell’accidia che, essendo il più pesante di tutti, prova l’anima in sommo grado. Perché fuggire da queste lotte ed evitarle rende lo spirito inetto, codardo e traditore» (Practikés, 28).
La forza? La consapevolezza esperienziale del desiderio di Dio per noi fonte del nostro desiderio di Lui, desiderio da cui nasce la nostra ricerca del suo Volto e che rende la nostra vita, una vita orientata verso il Mistero per gustarlo misticamente.

“Se vuoi comprendere ciò che sei, non guardare a quello che sei stato, ma all’immagine che Dio aveva nel crearti” (monaco Evagrio Pontico).

1 Comment
  • Sonia
    Pubblicato alle 17:36h, 19 Ottobre Rispondi

    Di grande aiuto

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