Abbà Padre

Abbà Padre

Più volte, nel tentativo di descrivere qualche tratto della nostra vita monastica carmelitana, ci siamo chieste se davvero riuscissero a far trasparire i lineamenti concreti della nostra esperienza spirituale, del nostro cammino comunitario, un appena di quella gioia diffusiva del nostro essere totalmente consegnate a Dio per il mondo, dello stupore per i passaggi percepibili di Dio nella storia personale e comunitaria ma anche i nodi della lotta contro le tentazioni più insidiose, delle difficoltà nella gestione delle differenze individuali, delle fatiche nell’apprendimento dell’umiltà…   Vengono fuori, semplici bozze, lette e rilette, senza alcuna pretesa, nate dall’esperienza di più sorelle che compongono la comunità, semplici accenni a più mani, che non hanno un unico autore ma un sentire comune, sapendo che gli scritti pur essendo approssimate sfumature, parlano del vissuto di persone concrete che compongono la comunità e, al tempo stesso, hanno lo scopo di raggiungere vite concrete di persone aperte al desiderio di Assoluto, per queste ragioni devono rigorosamente viaggiare dal nostro cuore al cuore di chi legge, partire naturalmente da Dio e tornare a Lui. E allora eccoci qua di fronte alla tastiera per stendere una nuova traccia che parli del nostro modo di vivere, che descriva la nostra esperienza di fede, di preghiera di relazione, che racconti del nostro sentirci figlie di Dio, che trasmetta, per quant’è possibile, la certezza che la nostra vita è nelle sue mani, che Egli ha cura di noi, conosce il numero dei capelli del nostro capo, seda le nostre tempeste anche quando sembra che dorma, vigila su di noi, ci custodisce come un’aquila con la sua nidiata, raddrizza le nostre vite ripiegate senza neppure che glielo chiediamo, ci ama con amore di Padre.

…Credo che la forma più genuina in grado di trasmettere la verità del nostro essere e sentirci realmente figlie di Dio, passi del racconto della nostra esperienza di un amore passivo, dalla presa di coscienza di essere amate per prime.
Infatti, il cammino di ciascuna evidenzia che l’esperienza della fede, con tutti i suoi risvolti vocazionali, nasce dalla scoperta stravolgente di essere amate per prime da Dio; sgorga dalla percezione di un amore avvertito come acqua sorgiva e vitale per la vita in tutte le sue dimensioni; diviene forza dirompente che dirotta verso un traguardo nuovo in cui origine e meta combaciano, in cui Dio è principio e pienezza di vita, fonte e arsura, pane e fame, punto e leva… costi quel che costi; esplode nella bellezza di lasciarsi amare da un Dio le cui parole toccano il cuore; trasforma in amate- amanti, assetate di intimità con Lui, desiderose solo di rimanere in Lui, ancorate alla sua Parola guidate e sostenute del suo agire.
Così il cuore si lega ad un tesoro che nè tignola nè ruggine consumano, cammina per valli oscure appoggiato ad un resistente bastone, non teme alcun male perchè sollecitato da un sicuro vincastro, si sente tranquillo e sereno come bimbo in braccio a sua madre anche quando non oserebbe accettare la sfida di andargli incontro camminando sulle acque, anche quando vede crescere insiem grano e zizzania, anche quando vede il bene e sceglie il male …. Il cuore: cieco o sordo, inaridito o curvo, paralizzato o adultero, impavido o codardo, non riesce a resistere, non può che arrendersi all’amore di un Dio dal volto sanguinante, dal corpo crocifisso, dal capo coronato di spine, dal cuore trafitto per amore … Il cuore che pur sa bene quante volte è stato e, haimè, sarà in grado di tradire o rinnegare, vuole perdersi in Lui, nel suo amore… Il cuore che, incatenato da passioni e vincolato da rigidi schemi o volontà egoiche, vuol comunque, farsi eco per quei gemiti inesprimibili dello Spirito che in lui gridano: Abbà Padre. Papà mio… Grida lo Spirito e scatta la forza di superare la tentazione di sentirci orfane e sole nei momenti in cui la salita è irta e le forze vengono meno; grida lo Spirito e ci scopriamo figlie sostenute nella tentazione di una arrogante autoreferenzialità; grida lo Spirito e si innesca il coraggio di riconscersi sorelle così da cercarLo nell’altra, nelle fatiche comunitarie, nella ordinarietà. Abbà Padre: un grido dello Spirito che immette nell’attimo immenso di una relazione unica in cui, come bimbo incapace di parlare e senza pretendere di sapere, il cuore si fa eco di queste due sillabe ab-ba, eco di un balbettio infinito, eco di un amore trinitario di cui ha sete, da cui nasce la sua preghiera come supplica, come lode, come intercessione.

Abbà, grida lo Spirito e il cuore parte dietro Cristo desideroso di imparare da lui il suo modo di vivere, di scegliere, di affrontare il dolore, di assumere fino in fondo la volontà del Padre, di continuare a chiamarLo Abbà anche nel momento in cui la prospettiva è la morte.
Abbà: un grido del cuore che nasce da Dio stesso, che è suo dono, che ci impegna, giorno dopo giorno, a farci grembo per Cristo, per la sua Parola, per il suo Spirito, e nello stesso tempo, a farci gemito di tanti cuori le cui voci inespresse si affidano al nostro balbettato ma innamorato: Abbà, Padre anche e nonstante la nostra precarietà.

1 Comment
  • Camilla Rutelli
    Pubblicato alle 06:03h, 28 Ottobre Rispondi

    il Signore sempre ci è vicino ! Davvero , ed è in questa vicinanza che compiamo i nostri passi . Piccoli certo e spesso incerti. Vi seguo sempre e vi sento vicine, sorelle care. Pregate per me , per il mio matrimonio e i miei bambini. Anche io indegnamente. Lo farò pregando per voi!

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